"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Ho notato che molte persone credono che l’homeschooling sia una scelta per ricchi. Ma, come si intuiva leggendo il mio post sulle risorse e i mezzi per fare educazione parentale, non è affatto così.
Come ho scritto in questo post, molte risorse a nostra disposizione sono gratuite (biblioteca, corsi universitari, alcuni stage e corsi formativi offerti da associazioni, ecc.), non c’è bisogno di un gran budget. L’educazione parentale non richiede una particolare ricchezza a livello monetario, ma piuttosto di tempo. Non per nulla l’homeschooling è una realtà famigliare, c’è bisogno di tempo da passare in famiglia. Se la vostra realtà lavorativa o sociale non vi lascia molto tempo da passare con i vostri figli, e non siete disposti a cambiarla, l’homeschooling non fa per voi. Delegare alla scuola l’istruzione dei figli è sicuramente più facile, incredibilmente più comodo. Rifiutare di farlo vuol dire accettare di esercitare direttamente quella responsabilità genitoriale di educare i propri figli. Questo richiede tempo da dedicare loro. Non c’è bisogno di soldi per pagare insegnanti privati, laboratori professionali o centinaia di libri, basta saper trovare le occasioni di apprendimento nella vita quotidiana e diventare consapevoli delle opportunità offerte dalla comunità in cui viviamo.
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Parliamo di risorse. Molte famiglie che si affacciano all’educazione parentale si interrogano per prima cosa su come fare homeschooling, con che mezzi.
In primo luogo bisogna rendersi conto della vastità della conoscenza, bisogna abbandonare la mentalità scolastica che decide le materie più importanti e, di queste, gli argomenti da imparare e i metodi da aula. La conoscenza è ovunque, ogni esperienza si può tradurre in apprendimento. Moltissime persone non si rendono conto delle loro stesse competenze. Nel momento in cui uno fa qualcosa – per lavoro o per piacere – mostra di avere delle competenze. Ogni cosa che sappiamo fare possiamo cercare di trasmettere. Insegnare non è sempre facile, ma i bambini non hanno sempre bisogno di un maestro, a volte basta un esempio, un evento da osservare. I bambini imparano dall’osservazione spesso più degli adulti, è parte fondamentale della loro primissima crescita. Un bambino molto piccolo impara a muovere o impilare oggetti guardando i grandi, impara a scarabocchiare con una biro dopo aver guardato qualcuno farlo. Fin dal primo anno di età,i bambini cercano di copiare le azioni degli adulti, migliorando sempre di più. Se questo modo di imparare non viene interrotto forzatamente dagli adulti, i bambini possono continuare ad apprendere attraverso l’osservazione. Invece che stroncare il loro metodo più naturale per insegnare nozioni a memoria e usare strumenti “scolastici”, dovremmo forse introdurre poco a poco nuovi metodi di apprendimento, senza negare il precedente. Questa la prima lezione per i genitori che si affacciano all’homeschooling: è nella natura umana apprendere. L’insegnamento è una splendida cosa, ma senza di esso non si cade per forza nell’ignoranza più totale. L’educazione domestica, per esempio, non ha bisogno di lezioni frontali o libri, ed è una “materia” che servirà concretamente ai vostri figli, a prescindere dalla strada che prenderanno o il lavoro che faranno. È anche una materia che la scuola (in Italia) trascura completamente. Portate i vostri figli a fare la spesa con voi, portateli a pagare le bollette, insegnate loro a cucinare qualche piatto semplice, mostrate loro che tenere pulita una casa non vuol dire solo spazzare e fare il letto. La scuola pubblica italiana tralascia l’insegnamento di queste cose, un po’ perché si dà per scontato che se ne occupi la famiglia, un po’ perché “sono cose che si imparano crescendo”. Ma un ragazzo sarà autonomo prima e molto più sicuro se impara a occuparsi delle cose quotidiane senza doverle affrontare come uno degli ostacoli della “vita adulta”. Sono cose che si imparano crescendo. Vorrei anche soffermarmi su questa frase. Usciamo dalla sfera domestica ed entriamo nella cultura generale – che poi sembra importante per la socializzazione. Spesso nei nostri discorsi si trovano elementi di cultura generale (quando citiamo eventi storici per fare un paragone, o parliamo di certi anni per indicare un periodo particolarmente brutto, o anche solo prendiamo una frase da un libro o film molto famoso o diciamo il nome di un personaggio importante…) e capita che i bambini/ragazzi chiedano spiegazioni al riguardo. A volte i “grandi” offrono una breve spiegazione, altre volte suggeriscono di andarlo a cercare su un libro o su internet, spesso dicono frasi del tipo “Lo imparerai più avanti”, “Quando lo studierai, capirai”, o persino “Non hai mai visto quel film? Devi vederlo”. Quest’ultima frase si sente anche in famiglia – in genere famiglie con un passato scolastico. Dove dovrebbe imparare un ragazzo la cultura generale? Dagli amici? Sì, ma se sono suoi coetanei potrebbero saperne quanto lui. Dalla scuola? Forse, se non è un homeschooler ed è fortunato. Da internet? Chissà, magari ci sono pagine dedicate alla “cultura generale – tutto quello che devi sapere per capire le conversazioni di ogni giorno”. Il primo ambiente in cui in bambino/ragazzo ricerca il sapere è la famiglia. Sembra una cosa da niente, ma spiegare elementi della cultura generale che possono comparire nelle nostre conversazioni facilita molto il lavoro dei bambini/ragazzi. Ma arriviamo alle “conoscenze” a cui tutti si riferiscono quando chiedono che mezzi usare per fare homeschooling. Matematica, letteratura, storia, geografia, inglese… Per quanto riguarda le elementari, se i genitori sono andati a scuola dovrebbero avere un’infarinatura di tutte le materie e possono comodamente rinfrescarsi la memoria su internet. È importante capire che insegnare non vuol dire avere la risposta a ogni domanda. Aiutare i propri figli ad apprendere non vuol dire porsi come conoscitore supremo di ogni cosa. Rispondere “non lo so, cerchiamo di scoprirlo insieme” non è affatto qualcosa di negativo e da cercare di evitare, anzi mostra al bambino che va bene non sapere qualcosa e che l’importante è imparare a cercare le risposte che non si hanno ma si vogliono avere. Di sicuro è una risposta migliore di quelle di insegnanti che dicono “non è nel programma, andiamo avanti con la lezione”. Niente è escluso dal “programma”, tutto è sapere. Non negate ai bambini la conoscenza solo perché non c’entra con il programma che magari vi siete preparati. Arrivando alle medie e allungandoci anche alle superiori, le possibilità sono tantissime. Prima di tutto, le biblioteche ci sono in qualunque città abbastanza grande da ospitarne una e sono sempre aperte e gratuite. I libri non devono per forza essere scolastici per insegnare qualcosa – e comunque anche i libri scolastici si possono trovare in certe biblioteche, se poi siete disposti a comprarli, non si deve essere iscritti a una scuola per poterli acquistare. Esistono stage e laboratori in moltissimi campi e, cercando, è possibile trovarne molti gratuiti. Lo stesso vale per i corsi, tantissime associazioni offrono corsi di formazione, alcuni gratuiti, altri a pagamento. E ancora, si possono trovare corsi online, molti di essi gratuiti e facili da usare. Per i ragazzi più grandi – o anche piccoli, non c’è un limite di età – si possono considerare le lezioni universitarie. Le università pubbliche sono sempre libere, un uditore non può accedere agli esami e quindi a certificazioni o titoli di studio, ma può sicuramente ascoltare le lezioni. Se si conoscono altre famiglie interessate, c’è la possibilità di organizzare Co-op Classes – lezioni cooperative. Per sapere di più al riguardo e avere un’idea di come organizzarle, potete visitare il blog Co-op Classes Italia che racconta le prime co-op classes nate in Italia. Le famiglie che hanno la possibilità di viaggiare dovrebbero saper cogliere l’occasione. Il viaggio è puro apprendimento. Ogni nuova esperienza è fonte di ricchezza. Chi ne ha la possibilità, dovrebbe approfittare della conoscenza che si può assorbire direttamente dal mondo. Infine non dobbiamo dimenticarci delle persone intorno a noi: parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro. Le persone di cui ci circondiamo, come noi, hanno delle competenze. Potreste scoprire che tra le vostre conoscenze ci sono competenze sorprendenti. I vostri figli potrebbero trovarsi a imparare qualcosa di biologia marina, o lavorazione dei metalli, archeologia o scultura. È importante imparare a guardarsi attorno. Nella nostra società la scuola è identificata come il centro dell’insegnamento e ogni competenza viene delegata ad essa. Ci dimentichiamo degli individui che ci circondano, ognuno di loro porta con sé del sapere, a volte senza farci caso. I genitori per primi devono imparare ad attingere sapere da ciò che ci circonda, e abituare i figli a fare lo stesso. Dobbiamo renderci conto che l’autorità assoluta della scuola nel campo del sapere è solo una maschera piena di crepe, una bugia che ha bisogno di essere creduta per mantenere un’apparenza di realtà. Dobbiamo riprenderci la consapevolezza che la conoscenza è ovunque e aspetta solo che noi apriamo la mente. [Prosegue dal post precedente.] Al college avevo appuntamento con la responsabile del corso. Ho portato con me curriculum e portfolio pieno di lavori scritti – sia in italiano che in inglese. Ho spiegato il mio percorso e il mio obiettivo, abbiamo parlato per mezz’ora, poi lei mi ha raccomandato di fare domanda appena aprissero le iscrizioni, promettendo che si sarebbe occupata personalmente della mia.
Era stupita e molto sorpresa da quanto materiale le avevo portato, da quanta esperienza ho alle spalle, dalla mia iniziativa e determinazione, dalla mia padronanza dell’inglese e dalla mia indipendenza. Mi ha detto che in genere gli studenti portano due lavori come portfolio e che i miei erano scritti meglio di quelli di molti studenti madrelingua. All’università di Stirling – quella a cui intendo iscrivermi finito il college – hanno detto che sarebbero entusiasti di avermi, hanno detto che con il corso del college a cui mi sono iscritta non avrò problemi a entrare nella loro università. Il corso al college è un HND, equivale più o meno a una laurea breve italiana. Ammessa senza diploma. La conferma ufficiale è arrivata due giorni fa – giusto in tempo per questo post – e il college mi ha fatto un’offerta incondizionata: una volta accettata sono automaticamente ammessa al college, senza bisogno di ulteriori documenti o risultati di esami. Ovviamente mi sono affrettata ad accettare! Contraddicendo le predizioni fatte da così tante persone, nonostante i molti tentativi di scoraggiarmi, sono ora iscritta al Glasgow Clyde College per un corso che equivale al biennio/triennio di una università italiana. Alcuni potrebbero ancora commentare che alla fine io ho dovuto fare tutta questa "fatica" per ottenere qualcosa che i miei compagni hanno raggiunto prendendo il diploma. Come ho già detto, la scuola sarebbe sicuramente stata la scelta facile e comoda per me. Invece ho raggiunto il mio obiettivo con un percorso personale, che mi ha resa felice, responsabile e consapevole – più di quanto la scuola avrebbe mai potuto fare per me. E ancora, alcuni potrebbero chiedermi come mai, dopo aver rifiutato e “sdegnato” i pezzi di carta della scuola, mi sono iscritta a un corso che mi farà avere un pezzo di carta. Il sistema universitario (con questo intendo sia college che università) è diverso da quello delle scuole di grado inferiore, specialmente all’estero. Non si tratta di educazione generale, ma piuttosto è un percorso formativo specializzato e finalizzato a un particolare obiettivo. Frequentare il corso al college per me è un po’ come frequentare quei vari corsi formativi o i corsi universitari in veste di uditrice, non lo vivo come un percorso tracciato da qualcun altro, è una risorsa con cui io decido di continuare il mio percorso. [Prosegue dal post precedente.] E così, dopo un anno di considerazioni, in quarta superiore ho lasciato la scuola pubblica.
Nel mio nuovo percorso, all’inizio, ho mantenuto le materie classiche che studiavo al liceo. Poi, la mia mente libera di esprimersi e fare esperienze, ho trovato il mio obiettivo, ho capito di quale sogno volevo fare la mia realtà. Quando ho capito la mia strada, ho ridiretto i miei studi e la maggior parte dei miei impegni – lasciando sempre ampio spazio agli altri interessi, perché la mente non va mai limitata – verso il giornalismo. In Italia ci vuole il master di giornalismo, e per accedervi bisogna avere una laurea, per ottenere la quale serve il diploma. Ma io ho deciso di non prendere il diploma. Avevo lasciato la scuola pubblica con l’intenzione di prendere comunque il diploma, poi i miei orizzonti si sono aperti e la mia crescita ha continuato ad evolversi. Sono uscita dal sistema scolastico per ricercare un percorso adatto all’individuo che sono. Tornare dalla scuola per chiedere una certificazione quando non ritengo valido un qualunque giudizio loro possano attribuirmi non ha senso per quello che sto facendo. Nel momento in cui non riconosco il diritto della scuola di giudicarmi, nel momento in cui rifiuto la sua autorità in merito e il valore del pezzo di carta da essa rilasciato, perché andare a richiedere il suo diploma? Perché altrimenti non vai da nessuna parte, sarà solo un foglio di carta, ma senza non puoi fare nulla nella nostra società, direbbe mio padre. Sarà vero? E se anche fosse vero, voglio piegarmi a questo? La scelta comoda non è per forza sbagliata, ma ho deciso che non fa per me. Anche il diploma sarebbe stato la scelta comoda. Ho deciso invece di costruire il mio futuro, senza seguire progetti disegnati da altri o camminare sentieri già battuti. Davvero non si va da nessuna parte senza il diploma? Dopo quasi un anno di homeschooling ho scoperto che in certi Paesi il diploma non serve. Me l’ha accennato una mia amica, e subito mi sono lanciata alla ricerca. Alla fine ho trovato la Scozia. I college e le università offrono moltissime certificazioni diverse per diventare giornalista, da corsi che durano due anni a quelli che durano cinque o sei anni. Moltissime specializzazioni, tantissime opzioni per unire corsi tra loro. E ti prendono anche senza diploma? Quando ho iniziato a scrivere alle scuole per informarmi, tutte mi rispondevano dicendo che agli studenti italiani è richiesto il diploma. Eppure su ogni sito era specificato che anche studenti senza titoli di studio o certificazioni, che però potessero dimostrare esperienza e/o vocazione per quel determinato settore, sarebbero stati considerati. Dopo tante e-mail a vuoto uno avrebbe potuto arrendersi. Io ho prenotato i biglietti per l’aereo. Ho preso appuntamento con il college che offre il corso che più mi interessa e con un’università della stessa città. E sono partita per Glasgow. Una volta là mi sono presentata anche ad altre università, senza appuntamento – non ero riuscita ad ottenerlo – e ho avuto colloqui con responsabili del centro ammissioni o addirittura con l’insegnante responsabile del corso in questione. Il mio percorso è nato attraverso i miei fratelli. Cinque anni fa loro finivano le elementari, io frequentavo la quinta ginnasio (secondo anno di superiori al Liceo Classico), quell’anno siamo venuti a conoscenza della possibilità di fare homeschooling. È stata la richiesta dei miei fratelli che ha dato il via al nostro percorso HS come famiglia. Inizialmente supportavo i miei fratelli e difendevo la loro scelta davanti a parenti ottusi o adulti presuntuosi, ma non mi passava per la testa di studiare la grammatica del greco antico da sola – follia. In prima liceo (terza superiore) sono iniziate seriamente le mie considerazioni personali sull’homeschooling. Io sono sempre andata bene a scuola, non mi sono mai trovata in un ambiente insopportabile o ingestibile, ma è sempre mancato qualcosa. Mia madre mi ha passato l’amore per il sapere e sono sempre stata entusiasta di imparare, da bambina amavo l’apprendimento. Piano piano la scuola ha rovinato l’esperienza e la curiosità naturale. Ha iniziato a mancare la sorpresa. Durante quel terzo anno ho partecipato a un progetto dedicato a scuole superiori europee che mi ha permesso di visitare la Catalogna. Atterrati a Barcellona, siamo usciti dall’aeroporto e abbiamo attraversato la città in autobus, diretti a Olot – un piccolo paese ai piedi dei Pirenei. Io ero entusiasta, gli occhi appiccicati al finestrino per cogliere più dettagli che potevo. Indicavo in continuazione qualcosa alla mia compagna di classe, lei sospirava e annoiata mi chiedeva che mai ci fosse di così entusiasmante. Cosa c’è di entusiasmante in palazzi, case come tante altre e persone per strada che sono vestite come noi, niente culture strane o palazzi troppo esotici? Per me tutto era stupendo, non perché particolarmente bello o diverso da ciò che ho a casa mia, ma perché qualcosa di nuovo da vedere e assorbire. Perché non avevo mai percorso quelle strade, perché ognuno di quegli edifici rappresentava una nuova esperienza. Come poteva la mia compagna non vederlo? Come poteva non sentire quell’immensa curiosità che viene semplicemente nel trovarsi in un posto mai visto prima? Mancava la capacità di sorprendersi. Al suo posto, un’abitudine grigia che succhiava via luce dalla scena, lasciando una foto opaca e scolorita al suo posto. Una volta, a scuola, mi trovavo seduta sul muretto della palestra con un’altra compagna mentre il resto della classe faceva ginnastica. A un certo punto ho espresso un’opinione sulla lezione di astronomia che si era appena conclusa l’ora precedente, dicendo quanto mi fosse piaciuta e quanto mi avesse incuriosito l’esistenza di stelle del genere – penso mi riferissi alle vagabonde, ma potrei sbagliarmi. Lei non mi ha lasciato finire di parlare, commentando che l’argomento era noioso e non aveva voglia di stare a sentire un’altra lezione. Adesso le stelle sono noiose. Dopo aver ispirato capolavori di poesia e essere state protagoniste in tante opere d’arte e lavori letterari, sono state scartate e messe da parte come noiose. Scoprire cose nuove sembra essere noioso, nulla di che. Perché? Dov’è finita la capacità di sorprendersi? La scuola offre lezioni basate sugli stessi programmi omologati per tutti, insegna nozioni vuote e sterili invece di trasmettere conoscenza viva. Ogni scuola è diversa, ma guardando i ragazzi scolarizzati questo si deduce dell’istituzione scolastica. Io dovevo impegnarmi sempre più faticosamente per mantenere i colori e la luce nel mio apprendimento, per non lasciare che la scuola li attenuasse e umiliasse con concetti privi di passione. L’homeschooling era la possibilità di un percorso diverso, mio, adatto all’individuo che sono. Non scegliere l’homeschooling sembrava sempre di più un tradimento della persona che sono. Nel momento in cui vengo a conoscenza di un percorso più adatto a me come individuo, sembra sbagliato rimanere sul sentiero tracciato solo perché è più comodo. La scuola era una scelta comoda per me, non avevo problemi con lo studio, ero una degli studenti migliori della scuola e la mia classe non era poi così terribile. Avrei potuto facilmente “tirare avanti” altri due anni – come in moltissimi mi hanno raccomandato di fare –, sopportare lo stress e il nervosismo causato dal sistema scolastico e diplomarmi “come fanno tutti”. Ma la scelta comoda spesso e volentieri non è la scelta giusta. Per me, l’homeschooling è la scelta giusta, la scuola era semmai il ripiego e non mi bastava più dopo aver conosciuto l’altra opzione. Si sopravvive alla scuola, ma io voglio vivere il mio apprendimento. Come ho detto, il nostro percorso di famiglia è iniziato con i miei fratelli gemelli. Seguite la nostra famiglia e leggete la storia dei gemelli su Scuola "Iqbal e Malala".
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Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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