"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Ho già scritto un post sulle risorse per l’homeschooling, ma oggi voglio farne un altro sulle risorse open source e più in generale gli strumenti didattici e/o informatici gratuiti. Prima di tutto, che cosa sono le risorse open source? La parola inglese – che si traduce letteralmente in “sorgente libera” – indica software di cui gli autori (o i detentori dei diritti) rendono pubblico il codice sorgente, permettendo ad altri di apportare modifiche ed estensioni al programma. Per intenderci, Open Office (scarica qui) è un open source e offre una versione gratuita dei programmi di Office (Word, Excel, PowerPoint, ecc.), mentre Microsoft Office è un pacchetto a pagamento – una versione gratuita è disponibile per solo uso online e si può trovare, oltre che sul sito di Microsoft, tra le estensioni di Google Chrome. LibreOffice è un altro open source che offre lo stesso pacchetto, personalmente lo preferisco sia a Microsoft che a Open Office. Un’altra versione di questo pacchetto gratuita per uso online è Google Docs, anche questa si può trovare nelle estensioni di Chrome o vi si può accedere dal proprio account di Google (disponibile anche come applicazione per smartphone). Tra le estensioni di Google Chrome, inoltre, si può trovare di tutto, sta diventando sempre più simile al Google Play per gli smartphone, per non parlare dello Store di Windows (disponibile a partire da Windows8) che offre una varietà di applicazioni molto simili a quelle per Android. Un buon sito guida in italiano per i software gratuiti è Freeonline. Non solo offre una vasta scelta tra programmi gratuiti, ma anche molte recensioni di esperienza diretta dell’uso del software. Per farsi un’idea di che tipo di programmi potrebbero tornare utili, si trovano software gratuiti per l’editing di video, la creazione di presentazioni, per disegnare mappe e schemi, consultare il dizionario da una semplice app sul desktop, organizzare la scrittura di un testo, eccetera eccetera.
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L’homeschooling è spesso accusata di essere autoreferenziale, da persone che presumibilmente non hanno ben chiaro il significato di tale parola. Prima di tutto, voglio copiare qui la definizione di autoreferenza che offre l’enciclopedia Treccani: “Nelle scienze sociali, all’interno della teoria dei sistemi, la proprietà che avrebbero alcuni sistemi di riferirsi a sé stessi, cioè di determinare i propri stati internamente, mediante un processo di interazione circolare tra gli elementi che li costituiscono e in modo essenzialmente indipendente dall’ambiente esterno.” Alcune realtà di homeschooling nascono da riflessioni sull’educazione ispirate dalla scuola pubblica. In certi casi sono le mancanze e le infermità della scuola a provocare riflessioni che si evolvono in teorie che poi diventano realtà “alternative” all’istruzione statale. In altri casi “realtà alternative” nascono come conseguenza di un processo cognitivo inizialmente indirizzato a migliorare la scuola. La versione più vecchia e più semplice dell’homeschooling nasce dal desiderio umano di imparare e di trasmettere conoscenza. Si potrebbe dire che all’origine della scuola di oggi è l’homeschooling. In fondo, la prima educazione era quella dai genitori ai figli e da lavoratore ad apprendista, molto più simile all’homeschooling piuttosto che alla scuola pubblica. I metodi educativi sono sempre stati messi in discussione e ripensati, cambiati e sviluppati in direzioni diverse. L’homeschooling di oggi, come la scuola, deriva da un processo di messa in discussione dell’istruzione. Considerando inoltre che la scelta di homeschooling al giorno d’oggi deriva non da una necessità, ma dalla valutazione della responsabilità di genitori, chiamarla “autoreferenziale” è pressoché assurdo. I genitori scelgono l’homeschooling perché si pongono delle domande sul benessere dei figli e confrontano diverse realtà di apprendimento. Potremmo aggiungere che la maggior parte dei genitori hs si mette continuamente in discussione e affronta spesso dubbi riguardo alla propria scelta, cercando perennemente il confronto con la realtà fuori delle mura di casa. Avrebbe più senso definire la scuola pubblica come autoreferenziale dal momento che, nonostante sia nata anch’essa da una messa in discussione di precedenti sistemi educativi, al giorno d’oggi, per migliorarsi fa riferimento solo a se stessa. Non guarda al di fuori dei suoi edifici, fa ricerche e sondaggi nel suo interno e studia i suoi stessi elementi invece di paragonarsi a qualcosa al di fuori del suo sistema. L'autoreferenza dell’homeschooling è solo un parolone (sembra dover essere catalogata tra le parole difficili vista l’ignoranza dimostrata dal suo uso fuori luogo) uscito dalla bocca di qualcuno che non capisce le spiegazioni di un vocabolario – o che non si prende la briga di aprirne uno. Oggi voglio parlare degli sforzi della scuola pubblica. La scuola ostenta i molti progetti a cui prende parte e i vari studi sull’educazione che segue per migliorare i metodi di insegnamento, mostrando la volontà di stare al passo con la psicologia e facendo sfoggio del desiderio di migliorare se stessa per i suoi studenti. Questi discorsi, su come la scuola di oggi si impegni costantemente per migliorare, a volte possono intimorire alcuni genitori homeschooler che sono un po’ timidi e hanno qualche dubbio sulle loro competenze “scolastiche”. Vediamo di smontare questi miti di grandezza. Come dico spesso, la mia esperienza scolastica di scuola primaria e secondaria non è stata negativa – nei limiti della scuola pubblica. Non avevo problemi in classe e l’esperienza era piuttosto sopportabile – per essere scuola pubblica potrei persino dire che era piacevole a tratti. A me piaceva partecipare e alcuni progetti in particolare suscitavano il mio interesse. Uno dei progetti di cui vado più fiera è quello chiamato “Ravenna contro le Mafie”. “Ravenna contro le Mafie” era diretto alle scuole secondarie di primo grado, nella mia scuola le due sezioni migliori erano state scelte per partecipare e da ciascuna erano stati selezionati due studenti. Il progetto prevedeva assistere a conferenze e studiare la storia della mafia in Italia, per poi dare agli studenti la possibilità di trarre le conclusioni in una conferenza in cui la parola sarebbe stata tutta nostra. Ero entusiasta di partecipare, ho messo tantissimo impegno nello studiare la mafia e tutte le organizzazioni, del governo o civili, che la combattono, avevo appunti, idee e tanta passione per il discorso finale che dovevo tenere con i miei tre compagni. Ma sedendoci al tavolo, in un’aula riservata al nostro progetto, per parlare della conferenza tenuta dagli studenti, ci viene dato un piccolo fascicolo da discutere e studiare. Il fascicolo era infatti un copione, il nostro discorso pronto per noi, tutto quello che dovevamo fare era discutere qualche parola e iniziare a provare. Le parti erano divise tra noi quattro e prevedevano che ci alternassimo a parlare, suddividendo il discorso in argomenti e infilando una poesia nel mezzo del tutto. Noi ragazzi avevamo già iniziato a metterci d’accordo, a condividere idee, la mia compagna di classe ed io avevamo già buttato giù qualcosa di scritto. Gli insegnanti non hanno nemmeno voluto vederlo, tutto quello che dovevamo fare era esercitarci a leggere il discorso per presentarlo in modo scorrevole il giorno della conferenza. Non c’era bisogno di renderlo personale, bastava ringraziare alla fine il comune e qualche associazione per questa opportunità. Mi è stato detto da tanti che non ce l’avrei fatta. Mi è stato detto da “sostenitori” che l’homeschooling va bene, ma senza diploma non si va da nessuna parte. Mi è stato detto da mio padre che anche se alcuni ce la fanno, sono decisamente pochi e io non sarei mai stata tra quelli. Sono stata definita presuntuosa e “so-tutto-io” da parenti e mi è stato detto che non ne capisco niente del mondo e che la vita non funziona così.
Forse sono presuntuosa. Ho la presunzione di credere che posso costruire la mia vita, ho la presunzione di lottare per raggiungere il futuro che voglio e non quello che mi è consentito. Ho la presunzione di andare avanti e non mollare, nonostante ciò che dice la gente intorno a me. Ho la presunzione di non dare retta a chi cerca di scoraggiarmi. Ho la presunzione di non accettare l’esperienza di un altro come regola per tutti. O forse non sono presuntuosa, forse sono solo ambiziosa. Ho l’ambizione di percorrere il percorso che desidero. Ho l’ambizione di fare la mia scelta individuale. Ho l’ambizione di realizzare i miei sogni. Ho l’ambizione di vivere secondo l’individuo che sono e non secondo uno stampino sociale. In ogni caso, è grazie alla mia presunzione/ambizione, alla mia passione e determinazione che ho raggiunto il mio obiettivo. Ho rifiutato il percorso segnato per noi e ho rivendicato un diritto che mi appartiene: la libertà di fare le mie scelte. Mi sono messa in gioco e ho sfidato i miei limiti, e i limiti che la società aveva tracciato intorno a me. Ho rifiutato la sicurezza in favore del dubbio, ho lasciato una risposta in favore della domanda. Ho dubitato di ciò che sapevo e ricercato nuova conoscenza direttamente dal mondo. Dei due sentieri scelsi il meno battuto, per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto. (cit. “L’attimo fuggente”) Questo non mi ha reso un’esclusa, un’emarginata. Al contrario, ovunque vado ho una storia da raccontare. Ci dicono di distinguerci, di essere unici. Ma quando ci mostriamo tali, ecco che cercano di spingerci di nuovo nei contorni ben delineati dalla società. Unici, ma non troppo. Speciali, ma non troppo. Speciali nel senso di preferire una serata al mare piuttosto che in discoteca, unici nel senso di comporre poesie, distinti nel senso di appassionati di astronomia. Non diversi. Ma nella storia sono i diversi quelli grandi. Dicevano che senza diploma non sarei andata da nessuna parte, io ho volato fino in Scozia. Legge sugli esami annuali approvata, e ora? La legge che vuole forzare gli homeschooler italiani a sostenere esami annuali è passata. Il panico non aiuta, il movimento sì.
Disobbedienza civile, pressioni sul governo, azioni di gruppo. Ma senza dimenticare il singolo, per essere uniti dobbiamo preoccuparci delle singole famiglie. Bisogna dare più informazione possibile, per essere più forti insieme. E, perché no, sfruttare i punti deboli dell’Italia. La legge è passata, hanno notato l’homeschooling e l’hanno ostacolata, ma anche questa legge deriva dall’ignoranza. L’ignoranza di chi ci oppone è da sfruttare. E, specialmente, è da combattere l’ignoranza interna alla nostra stessa realtà. Nelle discussioni su questa nuova legge ho letto molte opinioni, preoccupazioni, commenti, idee e vorrei indirizzarne uno in particolare. C’è chi ha detto che gli esami possono anche presentare un’occasione per “provare che l’educazione parentale è meglio della scuola” e che forse in fondo si sono dati la zappa sul piede. Questa linea di pensiero non può avere posto in una risposta forte e libertaria contro il nuovo regolamento. Questo commento mi ha dato specialmente fastidio per varie ragioni. Prima di tutto, qui non si tratta di chi è più bravo, ma di libertà e di diritti. Indipendentemente dall’esito che questi esami potrebbero o non potrebbero avere, forzare i ragazzi a sostenere l’esame è sbagliato. Non è sbagliato perché potrebbe demoralizzare il bambino o mostrare che l’homeschooling non è meglio della scuola. È sbagliato perché limita la libertà dell’individuo, viola il diritto costituzionale di ogni cittadino, ostacola la sana educazione dello studente. In secondo luogo è ipocrita e ignorante suggerire che la promozione o bocciatura in seguito a un esame scolastico determini il valore dell’educazione di chi è stato sottoposto all’esame. Non è sempre stato detto, non solo dai sostenitori dell’educazione parentale, che un esame non può giudicare il valore di un individuo o del suo apprendimento? Ma soprattutto tale suggerimento è estremamente ingenuo. Gli insegnanti nella scuola italiana di oggi forse non offrono il massimo della qualità e a volte il loro insegnamento può essere al di sotto dei livelli promessi dalla scuola, questo non vuol dire che non conoscano la loro materia dopo averla insegnata per anni. Se un insegnante vuole bocciare uno studente, lo boccia. Gli insegnanti hanno sempre la possibilità di rendere l’esame estremamente difficile, senza nemmeno infrangere il regolamento. È ingenuo pensare che il risultato di un esame dipenda esclusivamente, o persino principalmente, dallo studente. Per concludere, il panico non è la soluzione, lamentarsi nei commenti su facebook non attirerà l’attenzione di persone importanti e scoraggiarsi porta solo fallimenti. Quello che ogni famiglia homeschooler dovrebbe fare in questo momento più che mai è tenersi ben informati, essere pronti a partecipare ad azioni di gruppo, aiutare a informare altri ed eliminare l’ignoranza attorno al tema. Far sentire la propria presenza, il proprio supporto e la propria informazione all’interno della comunità. Spesso, le persone che seguono il mio percorso e commentano sotto i post, dicono che sono “speciale”, “unica”. Lo dicono in senso buono, come un complimento, come dire “fantastica”, “in gamba”.
Ognuno è unico e speciale, certo. E sicuramente mi fa sempre piacere ricevere quei complimenti. Però vorrei mettere in chiaro che non ho avuto successo nel mio percorso perché “unica” e “speciale”, ho avuto successo perché ci ho creduto. Ci sono tanti ragazzi come me e anche molti più in gamba di me. Questo successo che mi riempie di eccitazione e gioia non è precluso ad altri, non l’ho raggiunto perché sono io e io sono speciale. Chiunque può potenzialmente raggiungere lo stesso successo, chiunque può potenzialmente intraprendere lo stesso percorso. Io sono arrivata fin qui perché ci ho creduto. Ho creduto di potercela fare, sono stata ambiziosa e sono andata avanti con determinazione. Ho inoltre qualcuno che crede in me – probabilmente persino più di quanto ci creda io. Fa anche questo parte dell’homeschooling, ognuno di noi deve credere in sé, ma anche la fiducia della famiglia è estremamente importante. Io ho avuto i miei genitori e i miei fratelli. E la loro fede in me è bastata anche quando mi sono trovata a non avere per nulla quella di mio padre biologico o quella di molti “amici” e parenti. Gli ingredienti principali della mia vittoria sono la determinazione, la passione e la fede in me stessa. Voglio che questo sia chiaro. A volte genitori mi dicono che leggono i miei testi ai loro figli perché li trovano motivanti, a volte mi dicono che sono un’ispirazione per loro stessi. Io non voglio essere la storia di successo a cui ci si ispira ma in cui non ci si identifica. Al contrario, racconto il mio percorso perché vorrei che altri homeschooler capissero che non sono un’eccezione, non sono “speciale”, ognuno di loro può fare lo stesso. La mia testimonianza non è un’eccezione che può dare conforto, ma un semplice esempio di ciò che chiunque può riuscire a fare. Un promemoria per ricordare ad altri che anche loro possono fare lo stesso. La meta era là e si discuteva come raggiungerla, ci si domandava se qualcuno ce l’avesse fatta (tra gli homeschooler italiani), si consideravano i possibili esiti. Io voglio solo ricordarvi che la strada si può percorrere, che questa meta si può raggiungere. Non sono sempre stata qui, molti homeschooler già mi conoscevano quando ero ancora alla svolta precedente della via, molti passi indietro rispetto a dove sono ora. Per questo penso che raccontare come ho percorso quei passi fino a questa nuova svolta (perché la meta non è qui, si allarga come l’orizzonte) potrebbe aiutare alcuni ad identificarsi nel mio successo, non a vederlo come una bella eccezione lontana dalla loro realtà personale. Non ho la presunzione di “guidare” nessuno, ma se aiutare posso lo farò cercando di mandare un semplice messaggio: io non sono arrivata qui perché sono speciale, io sono come tanti altri homeschooler e chiunque ha le potenzialità per farcela. Ho notato che molte persone credono che l’homeschooling sia una scelta per ricchi. Ma, come si intuiva leggendo il mio post sulle risorse e i mezzi per fare educazione parentale, non è affatto così.
Come ho scritto in questo post, molte risorse a nostra disposizione sono gratuite (biblioteca, corsi universitari, alcuni stage e corsi formativi offerti da associazioni, ecc.), non c’è bisogno di un gran budget. L’educazione parentale non richiede una particolare ricchezza a livello monetario, ma piuttosto di tempo. Non per nulla l’homeschooling è una realtà famigliare, c’è bisogno di tempo da passare in famiglia. Se la vostra realtà lavorativa o sociale non vi lascia molto tempo da passare con i vostri figli, e non siete disposti a cambiarla, l’homeschooling non fa per voi. Delegare alla scuola l’istruzione dei figli è sicuramente più facile, incredibilmente più comodo. Rifiutare di farlo vuol dire accettare di esercitare direttamente quella responsabilità genitoriale di educare i propri figli. Questo richiede tempo da dedicare loro. Non c’è bisogno di soldi per pagare insegnanti privati, laboratori professionali o centinaia di libri, basta saper trovare le occasioni di apprendimento nella vita quotidiana e diventare consapevoli delle opportunità offerte dalla comunità in cui viviamo. “Ritengo che il diritto di frequentare la scuola pubblica sia stato una conquista importante della nostra società. Perché tornare indietro?”
Questa è una delle affermazioni che mi danno più fastidio. Non ho mai sentito alcun homeschooler parlare di togliere il diritto di frequentare una scuola pubblica. Anche tra tutti quelli che criticano la scuola pubblica (non parlo solo di homeschooler) non ho mai sentito nessuno affermare che lo Stato non debba provvedere e offrire un’istruzione a portata di tutti, con libero accesso per tutti. Semmai il contrario, si sente dire che la scuola costa comunque troppo e dovrebbe essere resa davvero gratuita. Si sente anche dire che bisognerebbe radere al suolo la scuola e ricominciare, ma persino in questo caso si intende “ricominciare da capo a costruire una scuola aperta a tutti”. La scuola è davvero stata una grande opportunità per certe persone – e per alcuni la è ancora! La scuola fa parte dei doveri dello Stato nei confronti dei cittadini. Deve esserci una possibilità aperta e disponibile a tutti per imparare. Fare una scelta diversa dalla scuola pubblica, non vuol dire negare l’importanza di un sistema di insegnamento assicurato a tutti. Personalmente penso che la scuola di oggi abbia bisogno di tanti cambiamenti, penso che sarebbe bene rifarla da capo. E non conosco nessuno che pensi che la scuola pubblica non abbia problemi. Questo non vuol dire che l’idea originale dietro alla scuola pubblica sia sbagliata. Ma solo perché ho il diritto di andare a scuola, non vuol dire che io sia obbligata ad avvalermene. Ho anche il diritto di sposare il mio migliore amico, ma non lo farei mai. Ho anche il diritto di essere cristiana e frequentare una parrocchia, ma non voglio farlo. La mia scelta però non suggerisce che un altro non possa avvalersi di tale diritto. Solo perché io non sono cristiana e non intendo avvalermi del diritto di praticare tale religione, non vuol dire che stia scoraggiando qualcun altro ad avvalersi di tale diritto. Solo perché ho scelto di non andare a scuola, non significa che pensi sia sbagliato se un altro decide di avvalersi di tale risorsa. Soprattutto, qualunque sia la mia opinione sulla scuola (o la religione, o il matrimonio, ecc.), non cercherei mai di togliere a un altro il suo diritto. La scuola pubblica non è il percorso più adatto per l’individuo che sono, fare homeschooling è una mia scelta. La mia scelta non influenza la libera scelta di un altro. Parliamo di risorse. Molte famiglie che si affacciano all’educazione parentale si interrogano per prima cosa su come fare homeschooling, con che mezzi.
In primo luogo bisogna rendersi conto della vastità della conoscenza, bisogna abbandonare la mentalità scolastica che decide le materie più importanti e, di queste, gli argomenti da imparare e i metodi da aula. La conoscenza è ovunque, ogni esperienza si può tradurre in apprendimento. Moltissime persone non si rendono conto delle loro stesse competenze. Nel momento in cui uno fa qualcosa – per lavoro o per piacere – mostra di avere delle competenze. Ogni cosa che sappiamo fare possiamo cercare di trasmettere. Insegnare non è sempre facile, ma i bambini non hanno sempre bisogno di un maestro, a volte basta un esempio, un evento da osservare. I bambini imparano dall’osservazione spesso più degli adulti, è parte fondamentale della loro primissima crescita. Un bambino molto piccolo impara a muovere o impilare oggetti guardando i grandi, impara a scarabocchiare con una biro dopo aver guardato qualcuno farlo. Fin dal primo anno di età,i bambini cercano di copiare le azioni degli adulti, migliorando sempre di più. Se questo modo di imparare non viene interrotto forzatamente dagli adulti, i bambini possono continuare ad apprendere attraverso l’osservazione. Invece che stroncare il loro metodo più naturale per insegnare nozioni a memoria e usare strumenti “scolastici”, dovremmo forse introdurre poco a poco nuovi metodi di apprendimento, senza negare il precedente. Questa la prima lezione per i genitori che si affacciano all’homeschooling: è nella natura umana apprendere. L’insegnamento è una splendida cosa, ma senza di esso non si cade per forza nell’ignoranza più totale. L’educazione domestica, per esempio, non ha bisogno di lezioni frontali o libri, ed è una “materia” che servirà concretamente ai vostri figli, a prescindere dalla strada che prenderanno o il lavoro che faranno. È anche una materia che la scuola (in Italia) trascura completamente. Portate i vostri figli a fare la spesa con voi, portateli a pagare le bollette, insegnate loro a cucinare qualche piatto semplice, mostrate loro che tenere pulita una casa non vuol dire solo spazzare e fare il letto. La scuola pubblica italiana tralascia l’insegnamento di queste cose, un po’ perché si dà per scontato che se ne occupi la famiglia, un po’ perché “sono cose che si imparano crescendo”. Ma un ragazzo sarà autonomo prima e molto più sicuro se impara a occuparsi delle cose quotidiane senza doverle affrontare come uno degli ostacoli della “vita adulta”. Sono cose che si imparano crescendo. Vorrei anche soffermarmi su questa frase. Usciamo dalla sfera domestica ed entriamo nella cultura generale – che poi sembra importante per la socializzazione. Spesso nei nostri discorsi si trovano elementi di cultura generale (quando citiamo eventi storici per fare un paragone, o parliamo di certi anni per indicare un periodo particolarmente brutto, o anche solo prendiamo una frase da un libro o film molto famoso o diciamo il nome di un personaggio importante…) e capita che i bambini/ragazzi chiedano spiegazioni al riguardo. A volte i “grandi” offrono una breve spiegazione, altre volte suggeriscono di andarlo a cercare su un libro o su internet, spesso dicono frasi del tipo “Lo imparerai più avanti”, “Quando lo studierai, capirai”, o persino “Non hai mai visto quel film? Devi vederlo”. Quest’ultima frase si sente anche in famiglia – in genere famiglie con un passato scolastico. Dove dovrebbe imparare un ragazzo la cultura generale? Dagli amici? Sì, ma se sono suoi coetanei potrebbero saperne quanto lui. Dalla scuola? Forse, se non è un homeschooler ed è fortunato. Da internet? Chissà, magari ci sono pagine dedicate alla “cultura generale – tutto quello che devi sapere per capire le conversazioni di ogni giorno”. Il primo ambiente in cui in bambino/ragazzo ricerca il sapere è la famiglia. Sembra una cosa da niente, ma spiegare elementi della cultura generale che possono comparire nelle nostre conversazioni facilita molto il lavoro dei bambini/ragazzi. Ma arriviamo alle “conoscenze” a cui tutti si riferiscono quando chiedono che mezzi usare per fare homeschooling. Matematica, letteratura, storia, geografia, inglese… Per quanto riguarda le elementari, se i genitori sono andati a scuola dovrebbero avere un’infarinatura di tutte le materie e possono comodamente rinfrescarsi la memoria su internet. È importante capire che insegnare non vuol dire avere la risposta a ogni domanda. Aiutare i propri figli ad apprendere non vuol dire porsi come conoscitore supremo di ogni cosa. Rispondere “non lo so, cerchiamo di scoprirlo insieme” non è affatto qualcosa di negativo e da cercare di evitare, anzi mostra al bambino che va bene non sapere qualcosa e che l’importante è imparare a cercare le risposte che non si hanno ma si vogliono avere. Di sicuro è una risposta migliore di quelle di insegnanti che dicono “non è nel programma, andiamo avanti con la lezione”. Niente è escluso dal “programma”, tutto è sapere. Non negate ai bambini la conoscenza solo perché non c’entra con il programma che magari vi siete preparati. Arrivando alle medie e allungandoci anche alle superiori, le possibilità sono tantissime. Prima di tutto, le biblioteche ci sono in qualunque città abbastanza grande da ospitarne una e sono sempre aperte e gratuite. I libri non devono per forza essere scolastici per insegnare qualcosa – e comunque anche i libri scolastici si possono trovare in certe biblioteche, se poi siete disposti a comprarli, non si deve essere iscritti a una scuola per poterli acquistare. Esistono stage e laboratori in moltissimi campi e, cercando, è possibile trovarne molti gratuiti. Lo stesso vale per i corsi, tantissime associazioni offrono corsi di formazione, alcuni gratuiti, altri a pagamento. E ancora, si possono trovare corsi online, molti di essi gratuiti e facili da usare. Per i ragazzi più grandi – o anche piccoli, non c’è un limite di età – si possono considerare le lezioni universitarie. Le università pubbliche sono sempre libere, un uditore non può accedere agli esami e quindi a certificazioni o titoli di studio, ma può sicuramente ascoltare le lezioni. Se si conoscono altre famiglie interessate, c’è la possibilità di organizzare Co-op Classes – lezioni cooperative. Per sapere di più al riguardo e avere un’idea di come organizzarle, potete visitare il blog Co-op Classes Italia che racconta le prime co-op classes nate in Italia. Le famiglie che hanno la possibilità di viaggiare dovrebbero saper cogliere l’occasione. Il viaggio è puro apprendimento. Ogni nuova esperienza è fonte di ricchezza. Chi ne ha la possibilità, dovrebbe approfittare della conoscenza che si può assorbire direttamente dal mondo. Infine non dobbiamo dimenticarci delle persone intorno a noi: parenti, amici, conoscenti, colleghi di lavoro. Le persone di cui ci circondiamo, come noi, hanno delle competenze. Potreste scoprire che tra le vostre conoscenze ci sono competenze sorprendenti. I vostri figli potrebbero trovarsi a imparare qualcosa di biologia marina, o lavorazione dei metalli, archeologia o scultura. È importante imparare a guardarsi attorno. Nella nostra società la scuola è identificata come il centro dell’insegnamento e ogni competenza viene delegata ad essa. Ci dimentichiamo degli individui che ci circondano, ognuno di loro porta con sé del sapere, a volte senza farci caso. I genitori per primi devono imparare ad attingere sapere da ciò che ci circonda, e abituare i figli a fare lo stesso. Dobbiamo renderci conto che l’autorità assoluta della scuola nel campo del sapere è solo una maschera piena di crepe, una bugia che ha bisogno di essere creduta per mantenere un’apparenza di realtà. Dobbiamo riprenderci la consapevolezza che la conoscenza è ovunque e aspetta solo che noi apriamo la mente. [Prosegue dal post precedente.] E così, dopo un anno di considerazioni, in quarta superiore ho lasciato la scuola pubblica.
Nel mio nuovo percorso, all’inizio, ho mantenuto le materie classiche che studiavo al liceo. Poi, la mia mente libera di esprimersi e fare esperienze, ho trovato il mio obiettivo, ho capito di quale sogno volevo fare la mia realtà. Quando ho capito la mia strada, ho ridiretto i miei studi e la maggior parte dei miei impegni – lasciando sempre ampio spazio agli altri interessi, perché la mente non va mai limitata – verso il giornalismo. In Italia ci vuole il master di giornalismo, e per accedervi bisogna avere una laurea, per ottenere la quale serve il diploma. Ma io ho deciso di non prendere il diploma. Avevo lasciato la scuola pubblica con l’intenzione di prendere comunque il diploma, poi i miei orizzonti si sono aperti e la mia crescita ha continuato ad evolversi. Sono uscita dal sistema scolastico per ricercare un percorso adatto all’individuo che sono. Tornare dalla scuola per chiedere una certificazione quando non ritengo valido un qualunque giudizio loro possano attribuirmi non ha senso per quello che sto facendo. Nel momento in cui non riconosco il diritto della scuola di giudicarmi, nel momento in cui rifiuto la sua autorità in merito e il valore del pezzo di carta da essa rilasciato, perché andare a richiedere il suo diploma? Perché altrimenti non vai da nessuna parte, sarà solo un foglio di carta, ma senza non puoi fare nulla nella nostra società, direbbe mio padre. Sarà vero? E se anche fosse vero, voglio piegarmi a questo? La scelta comoda non è per forza sbagliata, ma ho deciso che non fa per me. Anche il diploma sarebbe stato la scelta comoda. Ho deciso invece di costruire il mio futuro, senza seguire progetti disegnati da altri o camminare sentieri già battuti. Davvero non si va da nessuna parte senza il diploma? Dopo quasi un anno di homeschooling ho scoperto che in certi Paesi il diploma non serve. Me l’ha accennato una mia amica, e subito mi sono lanciata alla ricerca. Alla fine ho trovato la Scozia. I college e le università offrono moltissime certificazioni diverse per diventare giornalista, da corsi che durano due anni a quelli che durano cinque o sei anni. Moltissime specializzazioni, tantissime opzioni per unire corsi tra loro. E ti prendono anche senza diploma? Quando ho iniziato a scrivere alle scuole per informarmi, tutte mi rispondevano dicendo che agli studenti italiani è richiesto il diploma. Eppure su ogni sito era specificato che anche studenti senza titoli di studio o certificazioni, che però potessero dimostrare esperienza e/o vocazione per quel determinato settore, sarebbero stati considerati. Dopo tante e-mail a vuoto uno avrebbe potuto arrendersi. Io ho prenotato i biglietti per l’aereo. Ho preso appuntamento con il college che offre il corso che più mi interessa e con un’università della stessa città. E sono partita per Glasgow. Una volta là mi sono presentata anche ad altre università, senza appuntamento – non ero riuscita ad ottenerlo – e ho avuto colloqui con responsabili del centro ammissioni o addirittura con l’insegnante responsabile del corso in questione. |
Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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