"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
L’homeschooling è spesso accusata di essere autoreferenziale, da persone che presumibilmente non hanno ben chiaro il significato di tale parola. Prima di tutto, voglio copiare qui la definizione di autoreferenza che offre l’enciclopedia Treccani: “Nelle scienze sociali, all’interno della teoria dei sistemi, la proprietà che avrebbero alcuni sistemi di riferirsi a sé stessi, cioè di determinare i propri stati internamente, mediante un processo di interazione circolare tra gli elementi che li costituiscono e in modo essenzialmente indipendente dall’ambiente esterno.” Alcune realtà di homeschooling nascono da riflessioni sull’educazione ispirate dalla scuola pubblica. In certi casi sono le mancanze e le infermità della scuola a provocare riflessioni che si evolvono in teorie che poi diventano realtà “alternative” all’istruzione statale. In altri casi “realtà alternative” nascono come conseguenza di un processo cognitivo inizialmente indirizzato a migliorare la scuola. La versione più vecchia e più semplice dell’homeschooling nasce dal desiderio umano di imparare e di trasmettere conoscenza. Si potrebbe dire che all’origine della scuola di oggi è l’homeschooling. In fondo, la prima educazione era quella dai genitori ai figli e da lavoratore ad apprendista, molto più simile all’homeschooling piuttosto che alla scuola pubblica. I metodi educativi sono sempre stati messi in discussione e ripensati, cambiati e sviluppati in direzioni diverse. L’homeschooling di oggi, come la scuola, deriva da un processo di messa in discussione dell’istruzione. Considerando inoltre che la scelta di homeschooling al giorno d’oggi deriva non da una necessità, ma dalla valutazione della responsabilità di genitori, chiamarla “autoreferenziale” è pressoché assurdo. I genitori scelgono l’homeschooling perché si pongono delle domande sul benessere dei figli e confrontano diverse realtà di apprendimento. Potremmo aggiungere che la maggior parte dei genitori hs si mette continuamente in discussione e affronta spesso dubbi riguardo alla propria scelta, cercando perennemente il confronto con la realtà fuori delle mura di casa. Avrebbe più senso definire la scuola pubblica come autoreferenziale dal momento che, nonostante sia nata anch’essa da una messa in discussione di precedenti sistemi educativi, al giorno d’oggi, per migliorarsi fa riferimento solo a se stessa. Non guarda al di fuori dei suoi edifici, fa ricerche e sondaggi nel suo interno e studia i suoi stessi elementi invece di paragonarsi a qualcosa al di fuori del suo sistema. L'autoreferenza dell’homeschooling è solo un parolone (sembra dover essere catalogata tra le parole difficili vista l’ignoranza dimostrata dal suo uso fuori luogo) uscito dalla bocca di qualcuno che non capisce le spiegazioni di un vocabolario – o che non si prende la briga di aprirne uno.
1 Commento
Oggi voglio parlare degli sforzi della scuola pubblica. La scuola ostenta i molti progetti a cui prende parte e i vari studi sull’educazione che segue per migliorare i metodi di insegnamento, mostrando la volontà di stare al passo con la psicologia e facendo sfoggio del desiderio di migliorare se stessa per i suoi studenti. Questi discorsi, su come la scuola di oggi si impegni costantemente per migliorare, a volte possono intimorire alcuni genitori homeschooler che sono un po’ timidi e hanno qualche dubbio sulle loro competenze “scolastiche”. Vediamo di smontare questi miti di grandezza. Come dico spesso, la mia esperienza scolastica di scuola primaria e secondaria non è stata negativa – nei limiti della scuola pubblica. Non avevo problemi in classe e l’esperienza era piuttosto sopportabile – per essere scuola pubblica potrei persino dire che era piacevole a tratti. A me piaceva partecipare e alcuni progetti in particolare suscitavano il mio interesse. Uno dei progetti di cui vado più fiera è quello chiamato “Ravenna contro le Mafie”. “Ravenna contro le Mafie” era diretto alle scuole secondarie di primo grado, nella mia scuola le due sezioni migliori erano state scelte per partecipare e da ciascuna erano stati selezionati due studenti. Il progetto prevedeva assistere a conferenze e studiare la storia della mafia in Italia, per poi dare agli studenti la possibilità di trarre le conclusioni in una conferenza in cui la parola sarebbe stata tutta nostra. Ero entusiasta di partecipare, ho messo tantissimo impegno nello studiare la mafia e tutte le organizzazioni, del governo o civili, che la combattono, avevo appunti, idee e tanta passione per il discorso finale che dovevo tenere con i miei tre compagni. Ma sedendoci al tavolo, in un’aula riservata al nostro progetto, per parlare della conferenza tenuta dagli studenti, ci viene dato un piccolo fascicolo da discutere e studiare. Il fascicolo era infatti un copione, il nostro discorso pronto per noi, tutto quello che dovevamo fare era discutere qualche parola e iniziare a provare. Le parti erano divise tra noi quattro e prevedevano che ci alternassimo a parlare, suddividendo il discorso in argomenti e infilando una poesia nel mezzo del tutto. Noi ragazzi avevamo già iniziato a metterci d’accordo, a condividere idee, la mia compagna di classe ed io avevamo già buttato giù qualcosa di scritto. Gli insegnanti non hanno nemmeno voluto vederlo, tutto quello che dovevamo fare era esercitarci a leggere il discorso per presentarlo in modo scorrevole il giorno della conferenza. Non c’era bisogno di renderlo personale, bastava ringraziare alla fine il comune e qualche associazione per questa opportunità. |
Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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