"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Oggi voglio parlare degli sforzi della scuola pubblica. La scuola ostenta i molti progetti a cui prende parte e i vari studi sull’educazione che segue per migliorare i metodi di insegnamento, mostrando la volontà di stare al passo con la psicologia e facendo sfoggio del desiderio di migliorare se stessa per i suoi studenti. Questi discorsi, su come la scuola di oggi si impegni costantemente per migliorare, a volte possono intimorire alcuni genitori homeschooler che sono un po’ timidi e hanno qualche dubbio sulle loro competenze “scolastiche”. Vediamo di smontare questi miti di grandezza. Come dico spesso, la mia esperienza scolastica di scuola primaria e secondaria non è stata negativa – nei limiti della scuola pubblica. Non avevo problemi in classe e l’esperienza era piuttosto sopportabile – per essere scuola pubblica potrei persino dire che era piacevole a tratti. A me piaceva partecipare e alcuni progetti in particolare suscitavano il mio interesse. Uno dei progetti di cui vado più fiera è quello chiamato “Ravenna contro le Mafie”. “Ravenna contro le Mafie” era diretto alle scuole secondarie di primo grado, nella mia scuola le due sezioni migliori erano state scelte per partecipare e da ciascuna erano stati selezionati due studenti. Il progetto prevedeva assistere a conferenze e studiare la storia della mafia in Italia, per poi dare agli studenti la possibilità di trarre le conclusioni in una conferenza in cui la parola sarebbe stata tutta nostra. Ero entusiasta di partecipare, ho messo tantissimo impegno nello studiare la mafia e tutte le organizzazioni, del governo o civili, che la combattono, avevo appunti, idee e tanta passione per il discorso finale che dovevo tenere con i miei tre compagni. Ma sedendoci al tavolo, in un’aula riservata al nostro progetto, per parlare della conferenza tenuta dagli studenti, ci viene dato un piccolo fascicolo da discutere e studiare. Il fascicolo era infatti un copione, il nostro discorso pronto per noi, tutto quello che dovevamo fare era discutere qualche parola e iniziare a provare. Le parti erano divise tra noi quattro e prevedevano che ci alternassimo a parlare, suddividendo il discorso in argomenti e infilando una poesia nel mezzo del tutto. Noi ragazzi avevamo già iniziato a metterci d’accordo, a condividere idee, la mia compagna di classe ed io avevamo già buttato giù qualcosa di scritto. Gli insegnanti non hanno nemmeno voluto vederlo, tutto quello che dovevamo fare era esercitarci a leggere il discorso per presentarlo in modo scorrevole il giorno della conferenza. Non c’era bisogno di renderlo personale, bastava ringraziare alla fine il comune e qualche associazione per questa opportunità.
0 Commenti
Quando sei bambino ti dicono che un giorno potrai votare e cambiare le cose. Diventi maggiorenne e ti dicono che adesso sta a te cambiare il tuo paese esercitando il tuo diritto al voto. Se critichi un partito per cui hai votato ti dicono che dovevi votare diversamente. Se ti lamenti di qualcosa ti dicono che dovresti pensarci quando sei in cabina. Io sarò stata in cabina elettorale due volte ma ci ho pensato. Non ci penso solo in cabina elettorale, ‘ché nelle decisioni prese in fretta vince il pensiero più recente, il sentimento più personale. Ci penso pressoché ogni giorno e quella che arriva in cabina è una mente per metà delusa, per metà rassegnata, consapevole di star dando un voto che non ha nessun potere di cambiamento, perché cambiamento positivo non è tra le opzioni. Anni fa pensavo che fosse più giusto votare comunque, anche in queste condizioni, piuttosto che astenersi. Lo pensavo perché sono stata cresciuta così, perché sono stata educata a prendermi la responsabilità delle mie scelte e anche non esprimersi è una scelta. Non esprimersi – senza offrire una concreta proposta alternativa – è scegliere di non avere voce in ciò che accade nel mio paese, scegliere di non provarci nemmeno, scegliere di lasciare la decisione agli altri, accettare qualunque risultato ottenga la maggioranza. Oggi non sono più così sicura. Ci affacciamo alla maggiore età e tutti iniziano a istruirci sull’importanza del voto e subito ci attaccano per le nostre opinioni inesperte, come i veterani nei boy scout che introducono i nuovi arrivati con scherzi che rasentano il bullismo. All’improvviso tutti hanno qualcosa da dire su cosa votiamo, come affrontiamo la politica, cosa pensiamo della situazione del nostro paese. Raggiungiamo la maggiore età ed ecco che ci viene riversato addosso un mare di colpe, abbiamo diritto al voto da un paio d’anni ma la situazione del paese è già colpa nostra, perché noi siamo il futuro e non abbiamo ancora cambiato il presente. Non che queste accuse non vengano indirizzate a elettori di ogni età, ma una delle affermazioni più assurde che si sentono è che la situazione in un certo paese sia colpa dei giovani. Una contraddizione, non votiamo da abbastanza tempo per esser stati la causa di una situazione attuale. Un tempo le persone di carnagione chiara erano spaventate da pelle scura, associavano quella carnagione ai demoni e la odiavano poiché la temevano. Oggi la scienza prova che apparteniamo alla stessa specie e che la differenza tra le sfumature della nostra pelle sta solo nella reazione biologica al clima del paese di origine di generazioni passate. Eppure il razzismo insanguina le nostre mani ad oggi.
Centinaia di anni fa, gli antichi greci invidiavano le donne per la loro capacità di portare dentro di sé la vita e dare alla luce nuovi esseri umani, e per un complesso di inferiorità sentivano il bisogno di sottometterle. Oggi è ridicolo negare una totale uguaglianza tra i sessi, ma il sessismo non lascia la nostra cultura e continua a infestare case di grida. Per anni l’omosessualità è stata perseguitata in favore della riproduzione forzata. Oggi siamo troppi sulla terra, ma ancora l’ignoranza persiste. Non troppi anni fa l’educazione era un lusso alla portata di pochi. Oggi ognuno può apprendere, eppure tutto ciò che siamo riusciti a fare è trasformarla in un mezzo per cancellare la specialità di ogni individuo. Parliamo di noi come di una civiltà evoluta e in continua crescita, andiamo fieri della nostra scienza e di tutti i nostri successi tecnologici e umani. Eppure, attraverso la luce della nostra scienza abbiamo raggiunto ombre di profondità nuove, oscurità umane quasi mai toccate prima. |
Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
Tutto
Il mio blog in inglese.
Seguite i miei viaggi e i miei pensieri qui. Qui potete trovare il mio portfolio online.
|