"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Per la mia Graded Unit ho ricevuto una bella A (con la percentuale piú alta della classe, dovrei dire). Per una volta é stata una soddisfazione ma non una sorpresa. Non avevo ricevuto un voto da tre anni e la differenza della situazione è enorme.
Nella scuola in Italia sono sempre stata in ansia per i voti, non importa quanto il mio rendimento fosse buono, ogni volta che finivo una verifica ero in ansia per il voto, pur sapendo di essere andata bene. Con un dieci sorridevo, con un nove tiravo il fiato, con un otto me ne tornavo al posto in silenzio rimproverandomi mentalmente per gli errori, con un sette avevo il desiderio di nascondermi sotto il banco. In ogni caso, indifferentemente dalla materia, l’attesa per il voto era terribile. Quest’anno non ho sentito alcuna pressione di quel genere, non sono stata in ansia per il risultato, impaziente forse, ma non stressata. Il motivo? Non c’é solo la differenza dell’intero sistema, l’elemento che conta in particolare qui è come gli studenti vengono fatti sentire. Gli insegnanti si sono sempre complimentati con i miei genitori per il rendimento, e nonostante ció non mi sentivo mai abbastanza preparata. Quest’anno ho sperimentato un ambiente di apprendimento ‘scolastico’ fatto di gentilezza e positivitá, un atteggiamento da parte degli insegnanti che aumenta l’autostima invece di farla precipitare.
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Sì, ho vinto un premio per il giornalismo investigativo, per cui sono alle stelle, ma prima... Non scrivo da troppo tempo, un aggiornamento è in ordine! Mia mamma scrive di me sul suo blog più di quanto io faccia sul mio! Iniziamo con un breve riassunto fino a Natale: ho iniziato a lavorare al giornale del college come editore di cronaca, mi sono unita alla design team per la creazione dell’edizione cartacea e subito dopo sono diventata editore capo per aver dimostrato di saper gestire la classe e gli ostacoli che comporta dirigere un giornale, per quanto piccolo. Ho visitato la mia famiglia in Irlanda per Natale e sono tornata in classe a gennaio per un nuovo blocco di studio. Purtroppo abbiamo avuto una nuova insegnante che non si è mostrata molto capace di insegnare, nonostante sia una giornalista brillante. Continuiamo anche adesso, alla fine dell’anno accademico, ad avere problemi con lei, ma nonostante questo sono riuscita a passare tutte le sue materia al primo tentativo.
Le materie si sono fatte più difficili, ma il supporto degli insegnanti è stato fantastico e non ho avuto problemi a passare tutte le unità necessarie per essere ammessi al secondo anno. Sebbene lo studio si sia fatto sempre più intenso avvicinandosi al termine delle lezioni, le opportunità non si sono fatte mancare. Alla fine del mese scorso, sono stata selezionata, insieme ad un’altra ragazza della mia classe, per partecipare a una conferenza sull’industria creativa nel giornalismo, Creative Cities Convention. L’incontro era a Leeds (Inghilterra) e il college ha coperto tutte le spese. La conferenza è stata interessante, ma i contatti che abbiamo potuto fare sono stati la parte migliore! Abbiamo conosciuto giornalisti dalla BBC, Channel 4, STV e tante altre pubblicazioni importanti. Siamo andate a cena con alcuni di questi giornalisti e abbiamo ricevuto richieste da molti di loro di mandare il nostro curriculum per un’eventuale esperienza lavorativa. Si parla di nuovo di college, le differenze con l’Italia continuano ad aumentare.
Prima che iniziasse il corso uno dei miei compagni ha portato avanti una campagna a livello nazionale per poter accedere al titolo di studio del corso nonostante l’impossibilità di fare shorthand, stenografia. A causa di una paralisi cerebrale i suoi movimenti non gli permettono di scrivere stenografia. All’inizio di quest’anno questa condizione gli avrebbe impedito di passare il corso, ma Kyle è riuscito a far sentire la sua storia organizzando una campagna efficiente e ottenendo l’attenzione dei media. Il risultato è stato incredibile e nazionale: stenografia non è più obbligatoria per passare corsi di giornalismo. Questa svolta è avvenuta d’estate, quindi all’inizio del corso il college stava ancora aspettando le nuove direttive. Poco più di una settimana fa siamo stati informati che Kyle ha accesso a un framework diverso in cui potrà ottenere il nostro stesso titolo di studio senza dover fare stenografia. Per ottenere lo stesso numero di crediti sono state aggiunte delle lezioni, ovviamente obbligatorie per lui e introdotte come obbligatorie anche per noi. La classe si è lamentata quasi all’unanimità di due cose: stenografia per noi sarebbe rimasta obbligatoria al fine di passare il corso e le extra classes sarebbero state a presenza obbligatoria per tutti, non solo per Kyle. In risposta i nostri professori hanno chiesto alla responsabile del curriculum di venire a parlare con noi per offrirci la possibilità di avere una discussione con chi prende le decisioni e dare il nostro feedback. Il blog di DavidIl blog di David è partito quest'estate, ma da qualche tempo ha preso una svolta e la lingua è stata aggiornata a quella che mio fratello adesso parla ogni giorno. Da quando sono arrivati in Irlanda, i post di David hanno iniziato ad essere in inglese e da qualche settimana ha iniziato a condividere i capitoli del suo nuovo libro - potete leggere il primo qui. Anche per David, questo nuovo inizio è pieno di successi, per esempio ha preso contatti con un'agenzia di programmazione che si è mostrata interessata a prenderlo per una sorta di apprendistato. Ci sono già state visite degli amici e a David l'unica cosa che sembra davvero mancare dell'Italia è il cibo - e d'altra parte, come non aver nostalgia del cibo italiano! Il mio fratellino fa strada e io, da sorella ben fiera, vi invito a seguire il suo blog! Trying to stop ourselves in our life is like trying to stop the wind: useless effort. Il college è iniziato alla fine di agosto e ormai sono passati due mesi, ci sono stati i primi test e la prima gita, abbiamo già iniziato a incontrare professionisti e politici.
Il corso richiede molto impegno e davvero tanto tempo da dedicare a varie attività non proprio extra-curricolari, d’altra parte è decisamente ottimo e soddisfacente. Come ci si aspetta da un corso universitario non c’è stato un vero e proprio periodo di introduzione, abbiamo semplicemente iniziato a imparare. Come classe gestiamo il giornale del college, il Clyde Insider, (abbiamo appena pubblicato il nuovo sito web) e io ho il ruolo di news and politics editor, gestisco tutti gli articoli relativi a cronaca e politica. Il Clyde Insider non è il tipico “giornale scolastico” che ci si aspetta in Italia, è una pubblicazione vera e propria che viene letta al di fuori dell’istituto e al di fuori della nostra fascia d’età media. Per questo è veramente impegnativo. Copre cronaca, da quella locale a quella internazionale, politica, sport, intrattenimento, scrittura creativa. Sebbene il focus generale sia sugli studenti, il Clyde Insider è un giornale vero e proprio con un pubblico vario al di fuori della scuola. Produciamo articoli a ritmo settimanale e ho già intervistato vari politici scozzesi per alcuni miei pezzi – che presto saranno pubblicati sul sito. Per la versione cartacea invece abbiamo due uscite: a Natale e in primavera/estate. Al momento stiamo lavorando all’edizione natalizia e io sono parte del design team, che si occupa letteralmente di disegnare, impaginare, organizzare, creare il giornale. Siamo nel mezzo dell’azione e il corso si è rivelato molto impegnativo ed estremamente soddisfacente. Veniamo trattati come giornalisti principianti, più che come studenti, inseguire una storia per il giornale è giustificazione sufficiente per essere esonerati dalle lezioni. Perché? Perché la pratica è il miglior insegnamento. Il 28 agosto iniziava il mio corso al college, il 25 stavo tornando da un viaggio in esplorazione del Nord della Scozia. Verso la fine del mese la mia famiglia – che si è trasferita in Irlanda dopo mesi in viaggio in camper – è arrivata a Glasgow. Chiaramente, hanno cercato di sorprendermi arrivando un giorno prima del previsto, ma io quasi me l’aspettavo – a mentire i miei non sono poi tanto bravi – e il camper che era apparso nella stradina di fianco a casa giusto quando avevo terminato le pulizie in salotto era molto sospetto. Cercare di stare appiccicati alla porta d’ingresso del condominio per non essere visti dal balcone poi non è esattamente facile quando si è in cinque. Per la notte i miei fratelli si sono accampati sul mio divano, mentre i nostri genitori dormivano con il piccolo sul camper parcheggiato davanti alla piccola stazione in fondo alla strada. Dopo docce e un po’ di spesa, siamo ripartiti tutti insieme la domenica mattina. Il primo giorno di viaggio è trascorso per lo più in camper. Appena passata Stirling ci siamo ritrovati in un paesaggio viola: erano iniziate le famose brughiere scozzesi. Colline ricoperte di erica e muschio sfilavano ai finestrini. Ogni tanto un lago rifletteva il grigio-blu del cielo mischiandolo ai colori della brughiera. Partiti da Glasgow abbiamo circumnavigato Stirling prendendo la strada turistica e siamo arrivati fino alla zona dei laghi, fermandoci alla sosta di Queen’s View. Ho già scritto un post sulle risorse per l’homeschooling, ma oggi voglio farne un altro sulle risorse open source e più in generale gli strumenti didattici e/o informatici gratuiti. Prima di tutto, che cosa sono le risorse open source? La parola inglese – che si traduce letteralmente in “sorgente libera” – indica software di cui gli autori (o i detentori dei diritti) rendono pubblico il codice sorgente, permettendo ad altri di apportare modifiche ed estensioni al programma. Per intenderci, Open Office (scarica qui) è un open source e offre una versione gratuita dei programmi di Office (Word, Excel, PowerPoint, ecc.), mentre Microsoft Office è un pacchetto a pagamento – una versione gratuita è disponibile per solo uso online e si può trovare, oltre che sul sito di Microsoft, tra le estensioni di Google Chrome. LibreOffice è un altro open source che offre lo stesso pacchetto, personalmente lo preferisco sia a Microsoft che a Open Office. Un’altra versione di questo pacchetto gratuita per uso online è Google Docs, anche questa si può trovare nelle estensioni di Chrome o vi si può accedere dal proprio account di Google (disponibile anche come applicazione per smartphone). Tra le estensioni di Google Chrome, inoltre, si può trovare di tutto, sta diventando sempre più simile al Google Play per gli smartphone, per non parlare dello Store di Windows (disponibile a partire da Windows8) che offre una varietà di applicazioni molto simili a quelle per Android. Un buon sito guida in italiano per i software gratuiti è Freeonline. Non solo offre una vasta scelta tra programmi gratuiti, ma anche molte recensioni di esperienza diretta dell’uso del software. Per farsi un’idea di che tipo di programmi potrebbero tornare utili, si trovano software gratuiti per l’editing di video, la creazione di presentazioni, per disegnare mappe e schemi, consultare il dizionario da una semplice app sul desktop, organizzare la scrittura di un testo, eccetera eccetera. Cos’ho fatto in quest’ultimo mese? Le attività non sono sembrate tante e il brutto tempo praticamente costante ha portato molta noia – sebbene il clima poco umido permetta di uscire nella pioggia senza ammalarsi, per raggiungere qualsiasi posto la distanza è piuttosto lunga da casa e andare in bici tra pioggia e salite non è molto piacevole. Per questo con la pioggia sono stata principalmente in casa, ma la noia ha portato a scoperte e riflessioni. Questa settimana sono di nuovo in ufficio a lavorare, ma nell'ultimo periodo ho passato giornate intere a mandare curricula (vorrei far notare che Writer segnala la parola curricula come sbagliata) di qua e di là alla ricerca di un part time per quando inizia il corso al college. Qualche giorno fa ho mandato la richiesta di iscrizione all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e di recente ho comprato i libri di testo per il college. Nelle rare giornate di sole ho fatto un salto in centro, fermandomi in qualche bar o facendo una camminata (biciclettata) sul lungofiume. Ma quando il brutto tempo mi ha spinto a rifugiarmi in casa, la noia si è fatta sentire. In genere non è un problema rimanere attivi e creativi anche dentro quattro mura, ma con l’inizio del corso così vicino volevo evitare di cominciare lunghe attività che avrei dovuto interrompere. A tratti ho cercato di sfogliare i libri di testo per familiarizzare con le materie, ho letto, ho provato a scrivere qualche storia. Poi però, in seguito a qualche giorno di assenza totale di ispirazione e un po’ di blocco dello scrittore, ho ceduto alle serie TV. Sotto insistenza di un’amica ho cominciato Brooklyn nine nine – serie divertente e molto migliore di programmi come How I met your mother o altre sitcom con comicità piuttosto banale – e ho finito per fare del binge-watching (che, per chi non lo sapesse, vuol dire guardare tante puntate una dopo l’altra). Alle serie TV si sono aggiunti i Social Media e a questi il collaudo delle applicazioni per smartphone che gli insegnanti del college ci hanno chiesto di scaricare (app per video e social journalism), in aggiunta qualche gioco sul cellulare. Alcuni giorni sono passati con una noia nutrita da attività volte a combatterla che si dimostravano noiose esse stesse. Poi il logos. L’homeschooling è spesso accusata di essere autoreferenziale, da persone che presumibilmente non hanno ben chiaro il significato di tale parola. Prima di tutto, voglio copiare qui la definizione di autoreferenza che offre l’enciclopedia Treccani: “Nelle scienze sociali, all’interno della teoria dei sistemi, la proprietà che avrebbero alcuni sistemi di riferirsi a sé stessi, cioè di determinare i propri stati internamente, mediante un processo di interazione circolare tra gli elementi che li costituiscono e in modo essenzialmente indipendente dall’ambiente esterno.” Alcune realtà di homeschooling nascono da riflessioni sull’educazione ispirate dalla scuola pubblica. In certi casi sono le mancanze e le infermità della scuola a provocare riflessioni che si evolvono in teorie che poi diventano realtà “alternative” all’istruzione statale. In altri casi “realtà alternative” nascono come conseguenza di un processo cognitivo inizialmente indirizzato a migliorare la scuola. La versione più vecchia e più semplice dell’homeschooling nasce dal desiderio umano di imparare e di trasmettere conoscenza. Si potrebbe dire che all’origine della scuola di oggi è l’homeschooling. In fondo, la prima educazione era quella dai genitori ai figli e da lavoratore ad apprendista, molto più simile all’homeschooling piuttosto che alla scuola pubblica. I metodi educativi sono sempre stati messi in discussione e ripensati, cambiati e sviluppati in direzioni diverse. L’homeschooling di oggi, come la scuola, deriva da un processo di messa in discussione dell’istruzione. Considerando inoltre che la scelta di homeschooling al giorno d’oggi deriva non da una necessità, ma dalla valutazione della responsabilità di genitori, chiamarla “autoreferenziale” è pressoché assurdo. I genitori scelgono l’homeschooling perché si pongono delle domande sul benessere dei figli e confrontano diverse realtà di apprendimento. Potremmo aggiungere che la maggior parte dei genitori hs si mette continuamente in discussione e affronta spesso dubbi riguardo alla propria scelta, cercando perennemente il confronto con la realtà fuori delle mura di casa. Avrebbe più senso definire la scuola pubblica come autoreferenziale dal momento che, nonostante sia nata anch’essa da una messa in discussione di precedenti sistemi educativi, al giorno d’oggi, per migliorarsi fa riferimento solo a se stessa. Non guarda al di fuori dei suoi edifici, fa ricerche e sondaggi nel suo interno e studia i suoi stessi elementi invece di paragonarsi a qualcosa al di fuori del suo sistema. L'autoreferenza dell’homeschooling è solo un parolone (sembra dover essere catalogata tra le parole difficili vista l’ignoranza dimostrata dal suo uso fuori luogo) uscito dalla bocca di qualcuno che non capisce le spiegazioni di un vocabolario – o che non si prende la briga di aprirne uno. Oggi voglio parlare degli sforzi della scuola pubblica. La scuola ostenta i molti progetti a cui prende parte e i vari studi sull’educazione che segue per migliorare i metodi di insegnamento, mostrando la volontà di stare al passo con la psicologia e facendo sfoggio del desiderio di migliorare se stessa per i suoi studenti. Questi discorsi, su come la scuola di oggi si impegni costantemente per migliorare, a volte possono intimorire alcuni genitori homeschooler che sono un po’ timidi e hanno qualche dubbio sulle loro competenze “scolastiche”. Vediamo di smontare questi miti di grandezza. Come dico spesso, la mia esperienza scolastica di scuola primaria e secondaria non è stata negativa – nei limiti della scuola pubblica. Non avevo problemi in classe e l’esperienza era piuttosto sopportabile – per essere scuola pubblica potrei persino dire che era piacevole a tratti. A me piaceva partecipare e alcuni progetti in particolare suscitavano il mio interesse. Uno dei progetti di cui vado più fiera è quello chiamato “Ravenna contro le Mafie”. “Ravenna contro le Mafie” era diretto alle scuole secondarie di primo grado, nella mia scuola le due sezioni migliori erano state scelte per partecipare e da ciascuna erano stati selezionati due studenti. Il progetto prevedeva assistere a conferenze e studiare la storia della mafia in Italia, per poi dare agli studenti la possibilità di trarre le conclusioni in una conferenza in cui la parola sarebbe stata tutta nostra. Ero entusiasta di partecipare, ho messo tantissimo impegno nello studiare la mafia e tutte le organizzazioni, del governo o civili, che la combattono, avevo appunti, idee e tanta passione per il discorso finale che dovevo tenere con i miei tre compagni. Ma sedendoci al tavolo, in un’aula riservata al nostro progetto, per parlare della conferenza tenuta dagli studenti, ci viene dato un piccolo fascicolo da discutere e studiare. Il fascicolo era infatti un copione, il nostro discorso pronto per noi, tutto quello che dovevamo fare era discutere qualche parola e iniziare a provare. Le parti erano divise tra noi quattro e prevedevano che ci alternassimo a parlare, suddividendo il discorso in argomenti e infilando una poesia nel mezzo del tutto. Noi ragazzi avevamo già iniziato a metterci d’accordo, a condividere idee, la mia compagna di classe ed io avevamo già buttato giù qualcosa di scritto. Gli insegnanti non hanno nemmeno voluto vederlo, tutto quello che dovevamo fare era esercitarci a leggere il discorso per presentarlo in modo scorrevole il giorno della conferenza. Non c’era bisogno di renderlo personale, bastava ringraziare alla fine il comune e qualche associazione per questa opportunità. |
Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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