"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Quando sei bambino ti dicono che un giorno potrai votare e cambiare le cose. Diventi maggiorenne e ti dicono che adesso sta a te cambiare il tuo paese esercitando il tuo diritto al voto. Se critichi un partito per cui hai votato ti dicono che dovevi votare diversamente. Se ti lamenti di qualcosa ti dicono che dovresti pensarci quando sei in cabina. Io sarò stata in cabina elettorale due volte ma ci ho pensato. Non ci penso solo in cabina elettorale, ‘ché nelle decisioni prese in fretta vince il pensiero più recente, il sentimento più personale. Ci penso pressoché ogni giorno e quella che arriva in cabina è una mente per metà delusa, per metà rassegnata, consapevole di star dando un voto che non ha nessun potere di cambiamento, perché cambiamento positivo non è tra le opzioni. Anni fa pensavo che fosse più giusto votare comunque, anche in queste condizioni, piuttosto che astenersi. Lo pensavo perché sono stata cresciuta così, perché sono stata educata a prendermi la responsabilità delle mie scelte e anche non esprimersi è una scelta. Non esprimersi – senza offrire una concreta proposta alternativa – è scegliere di non avere voce in ciò che accade nel mio paese, scegliere di non provarci nemmeno, scegliere di lasciare la decisione agli altri, accettare qualunque risultato ottenga la maggioranza. Oggi non sono più così sicura. Ci affacciamo alla maggiore età e tutti iniziano a istruirci sull’importanza del voto e subito ci attaccano per le nostre opinioni inesperte, come i veterani nei boy scout che introducono i nuovi arrivati con scherzi che rasentano il bullismo. All’improvviso tutti hanno qualcosa da dire su cosa votiamo, come affrontiamo la politica, cosa pensiamo della situazione del nostro paese. Raggiungiamo la maggiore età ed ecco che ci viene riversato addosso un mare di colpe, abbiamo diritto al voto da un paio d’anni ma la situazione del paese è già colpa nostra, perché noi siamo il futuro e non abbiamo ancora cambiato il presente. Non che queste accuse non vengano indirizzate a elettori di ogni età, ma una delle affermazioni più assurde che si sentono è che la situazione in un certo paese sia colpa dei giovani. Una contraddizione, non votiamo da abbastanza tempo per esser stati la causa di una situazione attuale.
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Un tempo le persone di carnagione chiara erano spaventate da pelle scura, associavano quella carnagione ai demoni e la odiavano poiché la temevano. Oggi la scienza prova che apparteniamo alla stessa specie e che la differenza tra le sfumature della nostra pelle sta solo nella reazione biologica al clima del paese di origine di generazioni passate. Eppure il razzismo insanguina le nostre mani ad oggi.
Centinaia di anni fa, gli antichi greci invidiavano le donne per la loro capacità di portare dentro di sé la vita e dare alla luce nuovi esseri umani, e per un complesso di inferiorità sentivano il bisogno di sottometterle. Oggi è ridicolo negare una totale uguaglianza tra i sessi, ma il sessismo non lascia la nostra cultura e continua a infestare case di grida. Per anni l’omosessualità è stata perseguitata in favore della riproduzione forzata. Oggi siamo troppi sulla terra, ma ancora l’ignoranza persiste. Non troppi anni fa l’educazione era un lusso alla portata di pochi. Oggi ognuno può apprendere, eppure tutto ciò che siamo riusciti a fare è trasformarla in un mezzo per cancellare la specialità di ogni individuo. Parliamo di noi come di una civiltà evoluta e in continua crescita, andiamo fieri della nostra scienza e di tutti i nostri successi tecnologici e umani. Eppure, attraverso la luce della nostra scienza abbiamo raggiunto ombre di profondità nuove, oscurità umane quasi mai toccate prima. Journalists in the making - not students.Oggi sono andata in centro per sistemare una volta per tutte la questione tasse – ora è tutto a posto – e subito dopo mi sono presentata al college per l’introduzione al corso. L’aula in cui mi siedo è ampia, banchi disposti a ferro di cavallo, una cattedra con computer collegato al proiettore, lungo gli altri tre lati della stanza tavoli con computer per gli studenti. Facciamo la conoscenza di tre insegnanti, una dei quali avevo incontrato visitando il college per la prima volta. L’uomo è vestito in modo molto professionale e scherza di continuo, è il professore di Public Affairs (Affari Pubblici) e Shorthand (Stenografia). Introduce le sue materie e ci spiega cosa studieremo, che persone incontreremo, che posti visiteremo. Tra questi incontri elenca responsabili dell’UE, figure importanti tra le autorità scozzesi (tra cui il segretario di stato), tra le visite parla di quella al parlamento scozzese, dove avremo la possibilità di interagire con i parlamentari e i giornalisti che coprono l’argomento. L’altra insegnante che presenta la sua materia è quella di, mettiamola al generale, scrittura. Inizia con un’affermazione: “you’re not students, you are journalists in the making” (“voi non siete studenti, siete giornalisti in crescita”). Dopodiché ci invita a sognare in grande e puntare alto, no, più alto. Ci promette che se vogliamo farcela ce la faremo, se vogliamo avere successo avremo successo. Entrambi ci dicono che questo corso richiederà impegno, alcune materie saranno difficili, dovremo offrire il meglio di noi. Nessuno di loro pone la questione al negativo. Nessuno dice una singola volta “se non studiate duro non passerete”, “se non vi impegnate molto non ce la farete”. Quello che ripetono più volte è “se siete determinati a farcela, avrete successo”, “credete in voi, perché se siete determinati nella vostra passione, sarete i migliori”, “puntate in alto, molto in alto, perché potete arrivarci”. Le storie personali che condividono con noi non seguono la linea di “ho lavorato duro e studiato molto, per questo ce l’ho fatta”, ma “ho deciso di credere in me e non mi sono arreso davanti agli ostacoli, per questo ho avuto successo”. Il primo lavoro che ho trovato qui a Glasgow è in un’agenzia immobiliare, rispondo alle chiamate, ricevo i clienti che passano per l’ufficio e prendo nota per poi riferire i messaggi al proprietario che è in vacanza. È un lavoro di sole due settimane – mentre il proprietario è via – ma la paga è buona ed è ottimo come primo lavoro. Non lavoro qui da molto, pochi giorni, ma è abbastanza per stupirmi ancora una volta, e molto più del solito, delle persone che smaniano dietro un lavoro fisso e a tempo pieno. Io sono in ufficio 8 ore e mezza al giorno, dalle 9 di mattina alle 5.30 del pomeriggio, e non è pesante perché non c’è molto da fare e posso scrivere, leggere o occuparmi dei miei blog. Non mi perdo niente perché faccio in ufficio ciò che farei a casa. Ma se dovessi immaginare vivere con qualcuno, magari avere dei bambini, questo comodo lavoro vorrebbe dire stare con la mia famiglia solo tre o quattro ore la sera. Saluterei mia moglie al mattino, magari senza svegliarla, non parlerei nemmeno con i miei figli prima di andare a lavoro, tornerei a casa la sera giusto in tempo per la cena, ci racconteremmo la giornata a tavola, poi rimarrebbero solo un paio d’ore per stare insieme prima che la stanchezza ci porti a letto. Il weekend sarebbe libero, ma mia moglie potrebbe dover lavorare e potrei dovermi occupare dei lavori di casa, i bambini magari dovrebbero fare i compiti o studiare e forse qualche parente o amico potrebbe visitare. Che tempo rimane quindi per stare insieme? Maniche corte in bici, e persino quando non c'è il sole (e anche in questo momento, quando fuori il cielo è scuro e piove)! Vedete come mi sono abituata in fretta al clima? Foto dall'altro parco dietro casa: Bellahouston ParkFoto da un parco in cui sono capitata per caso: Rouken Glen ParkIl primo mese è ufficialmente passato. Sono ancora in cerca di un lavoro, ma mi sono sistemata molto bene nel mio nuovo appartamento. Ho potuto apprezzare l’ospitalità della mia coinquilina e della sua famiglia, qualche giorno fa mi hanno invitata a passare la notte da loro e abbiamo avuto una grigliata tutti insieme. La sera ho tirato a indovinare alla versione inglese di Trivial Pursuit e la mattina dopo ho ascoltato la mia coinquilina suonare il piano. Finalmente ho anche incontrato le ragazze con cui avevo fatto amicizia la prima volta che ero stata Glasgow e ricevuto l’invito all’evento di introduzione al corso del college, che conferma la mia iscrizione. Il problema maggiore in questo periodo di stasi, dove ho finito quasi tutte le questioni burocratiche e non ho ancora un lavoro, è cosa fare del mio tempo. Sto scrivendo molto e cerco di esercitarmi con nuovi strumenti digitali. Vorrei iniziare dei corsi online che potrebbero darmi competenze utili nell’area lavorativa, ma non sapendo quanto presto inizierò a lavorare – potrei ricevere una buona offerta da un momento all’altro – non posso prendermi l’impegno di seguire un corso, anche se solamente online. Essendo passato solo un mese, non sono ancora nel mezzo dell’azione, il mio corso non comincia per altri tre mesi circa – anche se incontrerò presto futuri insegnanti e compagni – e per l’estate potrei limitarmi a guadagnare con lavoretti invece che un lavoro fisso – mi è già stato commissionato un sito web. Posso però ribadire che pensavo sarebbe stato più difficile. Continuo a sorprendermi quando la sera mi fermo a pensare, analizzare quello che provo e non trovo emozioni negative. Pensavo ci sarebbe stato un momento, durante il primo periodo, in cui avrei desiderato tornare indietro, tornare a quando non dovevo cavarmela da sola, a quando i miei genitori erano solo una stanza lontano, pronti ad aiutarmi, a quando aspettavo che i miei fratelli tornassero a casa da scherma, tardi la notte. Invece, per quanto mi manchi la mia famiglia, non voglio tornare indietro. Amo il mio passato e ciò che mi ha permesso di diventare, ma non ho desiderio di nascondermici. Mi ha dato la forza e il coraggio di cui ho bisogno per costruire un futuro e sono in pace con il mio ieri. Grazie a ciò che ho vissuto, sono capace di vivere l’oggi. Mi aspettavo di ricercare di più la sicurezza del passato, di sentirne la mancanza in modo più intenso, ma mi sento felice ogni giorno. Rendo fiera la mia famiglia mostrando che so usare ciò di cui mi hanno fatto dono, non tornando sui miei passi in cerca di sicurezza, poiché la loro forza e il loro amore sono con me e segnano i passi futuri. Penso che portarli con me li renda più fieri che desiderare di tornare indietro da loro, volerli incontrare lungo la strada suoni meglio in me che fare retro marcia in una casa familiare. Quello che forse mi manca di più, ciò a cui ho pensato di più è la crescita dei miei fratelli e il desiderio di essere vicino a quella crescita. In questo momento stanno tutti compiendo passi enormi nella loro vita, seppur in fasi diverse, e a volte sento la malinconia di non poterli osservare da vicino, di non poterli prendere per mano o sedermi accanto a loro per parlare. Ma trovo il modo di raggiungerli da qui, perché spero ciò che sto costruendo possa dare loro spinta per seguire i propri sogni. Uno di loro è in partenza, seppur la meta sia ancora indefinita, e chissà che non possa fargli da guida, a seconda della destinazione. L’altro, forse non lo sa, è di fronte a un cambiamento e forse, chiedendo gentilmente attraverso messaggi e chiamate, riuscirò ad essere presente. Per il più piccolo, dovrò trovare il modo di visitare, ma sarò la sorella cool e quindi va tutto bene. So che i miei fratelli hanno dentro la mia stessa spinta e credo che ovunque andranno sarà un successo. E so che ognuno ha dentro la stessa spinta e trovarla per certi è la parte più difficile del percorso, per altri accettarla e affrontare i cieli a cui li tende. Ma la vita viene da sé quando si accetta di viverla appieno e secondo ciò che abbiamo dentro piuttosto ciò che ci viene dato. Mi stupisco ogni giorno di questa gioia, ma nella felicità anche il blue è un bellissimo colore. Ci sono momenti in cui la crescita si fa sentire, momenti in cui riusciamo a percepire il cambiamento dentro di noi. Come una sensazione di movimento, come se per un attimo potessimo sentire la strada sotto di noi che scivola via, per un istante ci avvolge l’odore di erba nuova e piante da riconoscere. Quando lavo i piatti e mi perdo a guardare fuori dalla finestra una città nuova, che diventerà presto familiare. Quando sto andando a un colloquio di lavoro, quando preparo i documenti per andare a vedermela con della burocrazia. Quando passo davanti al college che presto frequenterò. Quando mangio in salotto, sul divano, invece che a una tavola apparecchiata, quando riempio il bicchiere direttamente dal rubinetto invece di avere una bottiglia d’acqua sul tavolo. Ogni periodo di vita si distingue per colori, odori, musiche che quando incontriamo per strada ci ricordano il passato. Renato è l’infanzia, con l’odore di fieno e i colori della natura. Mannoia è la pre-adolescenza, con il cielo azzurro e le promesse di non diventare grandi. I Paramore sono la prima adolescenza, con l’odore del fuoco e il buio di un corridoio. Guns ’n’ Roses, Skillet, Rise Against accompagnano l’adolescenza, con colori visti controluce in barattoli e l’odore di terra. Halestorm, Pop Evil e Tchaikovsky mi portano alla fine dell’adolescenza, i colori si liberano nell’aria e l’odore di inchiostro invade le narici . Ora ho bisogno di nuove musiche, perché i colori stanno già diventando pastello e matita, carboncino e sogni, gli odori sono puliti e nuovi e aspettano una colonna sonora. Ci sono momenti in cui siamo consapevoli della nostra crescita, sono attimi di meraviglia verso noi stessi e verso la natura umana. Sono attimi che ti fanno pensare a chi vive i momenti della crescita di un altro individuo e ti fanno sperare che un giorno sarai bravo a ricordarli e apprezzarli come tua madre ha fatto con i tuoi. Dovremmo prenderci una pausa in queste occasioni, per apprezzare chi siamo e la strada che abbiamo percorso, per guardare al passato come possibilità per il futuro. Dovremmo fermarci a pensare che in questo preciso istante siamo il futuro realizzato di un bambino che da piccolo ha creduto e temuto e sperato. In ogni momento siamo un successo, siamo il sogno di una versione passata di noi, una versione che ha saputo spianare la strada per ciò che siamo adesso. La bambina che sono stata sarebbe fiera di me, penso. Sarebbe impressionata dalla scherma medievale, felice di sapere quante volte ho cavalcato nel vento, soddisfatta dei miei risultati in scrittura, sorpresa dai miei viaggi, eccitata dalle scogliere che ho esplorato e i cieli che ho vissuto. Si guarderebbe intorno con meraviglia in questo nuovo paese e amerebbe il parco dietro casa, sarebbe contenta di sapere che ho ancora una mountain bike e non una city bike. L’adolescente che ero potrebbe smettere di combattersi se sapesse dove mi ha portata il viaggio, ma nessuno scontro che ho avuto con me stessa è mai riuscito a buttarmi giù. Io medesima non sono riuscita a scoraggiarmi ed è anche grazie a quell’adolescente che si dava battaglia e riusciva a resistere a se stessa che ora sono qui. Dovremmo prenderci un momento, ogni tanto, per apprezzare tutto ciò che siamo stati, ciò che abbiamo amato e odiato di noi stessi, perché è parte di ciò che siamo ora ed è la nostra crescita. Guardo i vestiti sulla sedia e mi sento crescere, e so che andrò nel mondo domani con la forza di tutte le persone che sono stata e di tutti i sogni che ho inseguito, so che anche in questo momento sto aggiungendo forza alla persona che sarò. Mi è stato detto da tanti che non ce l’avrei fatta. Mi è stato detto da “sostenitori” che l’homeschooling va bene, ma senza diploma non si va da nessuna parte. Mi è stato detto da mio padre che anche se alcuni ce la fanno, sono decisamente pochi e io non sarei mai stata tra quelli. Sono stata definita presuntuosa e “so-tutto-io” da parenti e mi è stato detto che non ne capisco niente del mondo e che la vita non funziona così.
Forse sono presuntuosa. Ho la presunzione di credere che posso costruire la mia vita, ho la presunzione di lottare per raggiungere il futuro che voglio e non quello che mi è consentito. Ho la presunzione di andare avanti e non mollare, nonostante ciò che dice la gente intorno a me. Ho la presunzione di non dare retta a chi cerca di scoraggiarmi. Ho la presunzione di non accettare l’esperienza di un altro come regola per tutti. O forse non sono presuntuosa, forse sono solo ambiziosa. Ho l’ambizione di percorrere il percorso che desidero. Ho l’ambizione di fare la mia scelta individuale. Ho l’ambizione di realizzare i miei sogni. Ho l’ambizione di vivere secondo l’individuo che sono e non secondo uno stampino sociale. In ogni caso, è grazie alla mia presunzione/ambizione, alla mia passione e determinazione che ho raggiunto il mio obiettivo. Ho rifiutato il percorso segnato per noi e ho rivendicato un diritto che mi appartiene: la libertà di fare le mie scelte. Mi sono messa in gioco e ho sfidato i miei limiti, e i limiti che la società aveva tracciato intorno a me. Ho rifiutato la sicurezza in favore del dubbio, ho lasciato una risposta in favore della domanda. Ho dubitato di ciò che sapevo e ricercato nuova conoscenza direttamente dal mondo. Dei due sentieri scelsi il meno battuto, per non scoprire in punto di morte che non ero vissuto. (cit. “L’attimo fuggente”) Questo non mi ha reso un’esclusa, un’emarginata. Al contrario, ovunque vado ho una storia da raccontare. Ci dicono di distinguerci, di essere unici. Ma quando ci mostriamo tali, ecco che cercano di spingerci di nuovo nei contorni ben delineati dalla società. Unici, ma non troppo. Speciali, ma non troppo. Speciali nel senso di preferire una serata al mare piuttosto che in discoteca, unici nel senso di comporre poesie, distinti nel senso di appassionati di astronomia. Non diversi. Ma nella storia sono i diversi quelli grandi. Dicevano che senza diploma non sarei andata da nessuna parte, io ho volato fino in Scozia. Legge sugli esami annuali approvata, e ora? La legge che vuole forzare gli homeschooler italiani a sostenere esami annuali è passata. Il panico non aiuta, il movimento sì.
Disobbedienza civile, pressioni sul governo, azioni di gruppo. Ma senza dimenticare il singolo, per essere uniti dobbiamo preoccuparci delle singole famiglie. Bisogna dare più informazione possibile, per essere più forti insieme. E, perché no, sfruttare i punti deboli dell’Italia. La legge è passata, hanno notato l’homeschooling e l’hanno ostacolata, ma anche questa legge deriva dall’ignoranza. L’ignoranza di chi ci oppone è da sfruttare. E, specialmente, è da combattere l’ignoranza interna alla nostra stessa realtà. Nelle discussioni su questa nuova legge ho letto molte opinioni, preoccupazioni, commenti, idee e vorrei indirizzarne uno in particolare. C’è chi ha detto che gli esami possono anche presentare un’occasione per “provare che l’educazione parentale è meglio della scuola” e che forse in fondo si sono dati la zappa sul piede. Questa linea di pensiero non può avere posto in una risposta forte e libertaria contro il nuovo regolamento. Questo commento mi ha dato specialmente fastidio per varie ragioni. Prima di tutto, qui non si tratta di chi è più bravo, ma di libertà e di diritti. Indipendentemente dall’esito che questi esami potrebbero o non potrebbero avere, forzare i ragazzi a sostenere l’esame è sbagliato. Non è sbagliato perché potrebbe demoralizzare il bambino o mostrare che l’homeschooling non è meglio della scuola. È sbagliato perché limita la libertà dell’individuo, viola il diritto costituzionale di ogni cittadino, ostacola la sana educazione dello studente. In secondo luogo è ipocrita e ignorante suggerire che la promozione o bocciatura in seguito a un esame scolastico determini il valore dell’educazione di chi è stato sottoposto all’esame. Non è sempre stato detto, non solo dai sostenitori dell’educazione parentale, che un esame non può giudicare il valore di un individuo o del suo apprendimento? Ma soprattutto tale suggerimento è estremamente ingenuo. Gli insegnanti nella scuola italiana di oggi forse non offrono il massimo della qualità e a volte il loro insegnamento può essere al di sotto dei livelli promessi dalla scuola, questo non vuol dire che non conoscano la loro materia dopo averla insegnata per anni. Se un insegnante vuole bocciare uno studente, lo boccia. Gli insegnanti hanno sempre la possibilità di rendere l’esame estremamente difficile, senza nemmeno infrangere il regolamento. È ingenuo pensare che il risultato di un esame dipenda esclusivamente, o persino principalmente, dallo studente. Per concludere, il panico non è la soluzione, lamentarsi nei commenti su facebook non attirerà l’attenzione di persone importanti e scoraggiarsi porta solo fallimenti. Quello che ogni famiglia homeschooler dovrebbe fare in questo momento più che mai è tenersi ben informati, essere pronti a partecipare ad azioni di gruppo, aiutare a informare altri ed eliminare l’ignoranza attorno al tema. Far sentire la propria presenza, il proprio supporto e la propria informazione all’interno della comunità. Uno dei primi pasti: una omelette dall'aspetto pessimo, ma ugualmente buona. Aspetto migliore, ma il pollo sapeva da cibo del fast food: buono con la maionese. Dopo aver comprato la bici, ci ho messo mezz'ora per trovare il tunnell per passare il fiume e ritornare alla sponda giusta. La mia coinquilina ama fare dolci e io ho mangiato i primi cupcakes della mia vita. Buonissimi. Netflix era un bonus per rilassarmi dopo essermi persa per le strade di Glasgow. Missione chiacchiere/bugie/sfrappole riuscita! Per il compleanno della mia coinquilina sono riuscita a fare un dolce tipico (anche se di Carnevale). La luce non è buona, ma la carbonara era venuta molto bene. Le foto sotto sono del Pollock Park, il parco vicino a casa. Bellissimo, ottimo per immergersi nella natura ed enorme. |
Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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Seguite i miei viaggi e i miei pensieri qui. Qui potete trovare il mio portfolio online.
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