"Chiunque passa è considerato,
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
chiunque si ferma è considerato,
neppure uno può fallire."
- Walt Whitman
Un tempo le persone di carnagione chiara erano spaventate da pelle scura, associavano quella carnagione ai demoni e la odiavano poiché la temevano. Oggi la scienza prova che apparteniamo alla stessa specie e che la differenza tra le sfumature della nostra pelle sta solo nella reazione biologica al clima del paese di origine di generazioni passate. Eppure il razzismo insanguina le nostre mani ad oggi. Centinaia di anni fa, gli antichi greci invidiavano le donne per la loro capacità di portare dentro di sé la vita e dare alla luce nuovi esseri umani, e per un complesso di inferiorità sentivano il bisogno di sottometterle. Oggi è ridicolo negare una totale uguaglianza tra i sessi, ma il sessismo non lascia la nostra cultura e continua a infestare case di grida. Per anni l’omosessualità è stata perseguitata in favore della riproduzione forzata. Oggi siamo troppi sulla terra, ma ancora l’ignoranza persiste. Non troppi anni fa l’educazione era un lusso alla portata di pochi. Oggi ognuno può apprendere, eppure tutto ciò che siamo riusciti a fare è trasformarla in un mezzo per cancellare la specialità di ogni individuo. Parliamo di noi come di una civiltà evoluta e in continua crescita, andiamo fieri della nostra scienza e di tutti i nostri successi tecnologici e umani. Eppure, attraverso la luce della nostra scienza abbiamo raggiunto ombre di profondità nuove, oscurità umane quasi mai toccate prima. L’uomo ha imparato presto, nella storia, il potere della conoscenza e l’ha usato per far del bene e per far del male. Nella società di oggi abbiamo contorto il ruolo dell’istruzione fino a rovinarne, in molti casi, la bellezza. Donare conoscenza a qualcuno vuol dire offrire loro libertà e possibilità. Ma oggi siamo riusciti a trasformarla in un’arma che ci rende tutti uguali e che attenua sempre di più la nostra personalità e tutto ciò che ci rende speciali. Abbiamo costruito cose come la televisione, che i nostri antenati avrebbero chiamato un prodotto della stregoneria, e l’abbiamo usata, insieme a gran parte del progresso tecnologico, per intorpidire sempre di più la nostra mente e la nostra umanità fino a confonderle e plasmarle. Abbiamo prodotto medicine su scala mondiale per poterle portare nella casa di ognuno al fine di migliorare la vita di tutti. Abbiamo sintetizzato un antico metodo per immunizzare fino a farlo stare in fiale. E poi abbiamo iniziato a forzare la gente a farne uso, costringendo i singoli ad esporsi a rischi senza avere una scelta. Abbiamo deciso che la scienza è al di sopra della libertà personale. Partendo dall’amore per la vita e dal desiderio di renderla migliore siamo arrivati a odiare la morte ed esserne talmente terrorizzati da imporre la vita anche a chi è pronto ad andare oltre. Abbiamo iniziato a medicalizzare così tanto che la malinconia che ispirava i poeti di ieri è oggi vista come depressione e combattuta con farmaci. La nostra mania medicinale ci ha portato a imbottire chi soffre di depressione di farmaci fino a che non sente più nulla. Siamo così spaventati, dalle nostre emozioni e dal dolore che possono causare, da preferire l’insensibilità. Così spaventati da esse che decidiamo di ignorarle a livello comune, e così danno origine a bullismo e quelle causate dal bullismo portano al suicidio. Tanto incapaci di affrontare queste emozioni che finiscono per portarci alla morte, a volte per suicidio, a volte per un incidente dopo aver bevuto troppo mentre cercavamo di metterle a tacere, a volte per un’esplosione dopo averle imbottigliate troppo a lungo. Tutti questi sono aspetti della distopia moderna, ma qual è la distopia moderna e come è nata? La maggior parte delle distopie ha origine dalla ricerca fallita di un’utopia. Nel nostro caso, il pensiero utopico con cui abbiamo intrapreso questa strada era “siamo tutti uguali”. L’utopia sarebbe stata sentirci tutti della stessa importanza, tutti sullo stesso livello, senza superiorità o inferiorità, un’uguaglianza di valore, non di persone. Avremmo raggiunto l’utopia abbracciando la diversità e rendendoci conto che l’uno non ha importanza diversa dall’altro, che per quanto diversi siamo il valore della nostra vita rimane lo stesso. Invece abbiamo preso la strada dell’omologazione. Un’istruzione uguale per tutti, etichette per ogni cosa per poterci distinguere in categorie, televisione per mandare gli stessi messaggi in ogni casa, mille tecnologie per attenuare la creatività, una cultura basata sul lavoro per dare a ognuno il suo posto, una merce di scambio uguale per tutti che insinua solo più differenza tra stati sociali. L’uguaglianza nell’utopia è la parità di valore delle vite umane, l’uguaglianza nella distopia è omologazione che soffoca l’individuo. L’unico modo per uscire da questa distopia moderna è riscoprire la nostra individualità. E probabilmente capitomboleremo in un’altra distopia (verosimilmente di supremazia dell’individuo) prima di arrivare finalmente a un accenno di utopia.
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Sara
Aspirante giornalista, blogger, scrittrice e viaggiatrice. Categorie
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